Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
22
nienza e compagnia; questo unico fermamento e presidio
cittadinesco, con intera e constantissima fede, con amore e
benivolenzia congiuntissima, da ogni discordia e divisioni
intrinseche difendeste. La seconda, che il vostro fortunatissimo imperio nella constantissima stabilità e fermezza di
giustizia fondato possedeste, sanza la quale per certo niuna cosa divina o umana polrebbe essere diuturna. E referendo io ne’ vostri gloriosi conspetti queste oneste filosofiche discipline, e questi fruttuosissimi e utili documenti,
vidi per certo, molto più, che l’usato inverso di me gl’ingegni
e le menti vostre diritte, e le amantissime parole mie graziosissimamente ascoltate. Vidi quasi scritto nelle mansuetissime orecchie vostre, e nelle serene fronti dipinto uno
splendore, anzi una fiamma di carità, che i generosi animi
vostri portavano inverso questa florentissima libertà. Per la
qual cosa nel mio petto sentiva nascere uno ardentissimo desiderio di stendere il parlare mio a trattare della necessaria
carità e benivolenzia cittadinesca; (1) quale debba essere in
ciascuno verso la Repubblica sua. Certo nè più alto, nè più degno, nè più al parer mio, alli animi vostri giocondo parlare
poteva essere, che questo, nè più accomodato all’ornamento
del principiato mio ragionare. Ma temendo io, che la lunghezza della orazione non impedisse le solenni e osservandissime
vostre celebrità, quella per allora lasciando, in questo presente
attissimo luogo più comodamente riservai. Ora adunque, Magnifici e prestantissimi Signori miei, in questo lieto e felicissimo giorno brevissimamente tratterò, quanta debba essere la
carità e l’amore che gli ottimi e perfettissimi cittadini vigilantemente portare debbono verso la Patria loro; quanto maraviglioso frutto ne seguita del civile amore inverso la propria Repubblica, quanti pericoli, e quante ruine seguono in una città,
quando è abbandonato il bene comune, e i suoi cittadini alle
(1) Nota bel modo.