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e oltre a questo gli odii e inimicizie, le quali a perturbare la Republica a me certamente non paiono convenienti. Vedete i testimoni da esso produtti, i quali sono tali, che avanzano gli ingegni di tutti gli scelerati. Le quali cose insieme, poiché con altri effetti, che già non pensava, gli sono riuscite, e me nel Senato presente vede, da improvviso timore è stato contenuto, e a me il fuggire con minacce comanda, che, avendo io errato, nessun supplicio, benchè grandissimo, tanto delitto potrebbe vendicare.

Se ora adunque, Padri Coscritti, la mia innocenzia aperta vedete; se del suo animo la ferocità intendete; se i pericoli della Republica ne’ vostri ingegni aperti avete; destatevi finalmente e del caso e fortuna dell’Imperio Romano abbiate misericordia. Avete un serpente nascoso nelle vostre interiora. Avete la calamità di tanta Repubblica in questo ordine serrata e rinchiusa, la quale vegghia a sempiterno esterminio del Popolo Romano. Voi quella in sommo onore avete allocata. Guardate che tal male tutto l’altro corpo della Repubblica non abbracci, e quasi come contagione intra voi si distenda. Discacciate presto, e diminuite questo ricettaculo e refugio di scelerati. Private questo uomo del supremo Consolato, acciò che i suoi orrendissimi vizii tanta degnità non abbiano a maculare. Rimovete quello da questa Repubblica; che queste santissime e religiosissime mura, esso attento e sollecito alla ruina della vostra Città dentro di sè giammai non riguardino. Se a voi son care le antiche memorie di questa Città; se a voi è giocondo l’aspetto dei figliuoli; se a voi è cara la pudicizia delle vostre vergini; se i Templi degli Iddii e ’l Pontificato, e’ Sacerdozii, le compagnie, le case, le ricchezze, le famiglie, e i clienti, le fortune di ciascuno, e i comodi di tutta la patria a voi sono suavi e accetti; eradicate ora dalla vostra Repubblica questo seme di tutti i mali; separate costui dal cospetto dei cittadini, il quale voi, e tutti i vostri beni distruggere pensa; il quale lo splendore del Popolo Ro-