Pagina:Opere varie di Michel Angelo Buonarroti il Giovane, Firenze, Le Monnier, 1863.djvu/399

IX.

 
Di patria son che ogni altra patria onora,
     E di giustizia son ministro retto;
     E, benché saggio e grave, ho gran diletto
     Di giocolar sul canapo a ogni ora,
     Sopra ’l qual senza piè corro e cammino,
     Ora al ciel m’alzo, a terra ora m’inchino.

Il romano.


X.

 
Di natura magrissima e sottile,
     Lacero e mordo chi diede altrui vita,
     E l’apro e sbrano in pezzi con l’aita
     Di due infermi, un superbo e un umìle,
     E camminando fuggo le vie torte:
     Vivo di ferro, e dal legno ho la morte.

La sega.


XI.

 
Mangio per man d’altrui com’un malato;
     E benchè caldo di stomaco io sia,
     Vomito quel ch’io mangio tuttavìa,
     Perchè ’l ventre ch’io ho non è forato.

Il forno.


XII.

 
Di chi mi dètte già mille ferite,
     Quasi ch’io me ne glorii, il nome porto.
     Senza altrui nuocer, sono offesa a torto,
     Sin ch’io verso le viscere mie trite.

La palla lesina.


XIII.

 
Ho più gambe e non fui mai visto andare,
     E con più bocche inghiotto tuttavia;
     Nè mai si sazia l’ingordigia mia,
     Ma ciò ch’io ’ngojo digerisco in mare.
     Son gobbo e reggo ogni gran peso addosso,
     E ’l porto or qua or la senz’esser mosso.

Il ponte di un fiume.