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l’ira di apollo | 727 |
Lunge dai gioghi aonii
Sempre dimori, e da le nove Suore;
Non abbia di castalia onda ristauro,
88Nè mai gli tocchi il crin fronda di lauro.
Salir non possa il corridor che vola,
Non poggi mai per l’etera;
Rada il basso terren delvostro mondo;
92Non spiri aura di Pindo in sua parola;
Tutto ei deggia da l’intimo
Suo petto trarre, e dal pensier profondo;
E sia costretto lasciar sempre in pace
96L’ingorda Libitina e il Veglio edace.
E perché privo d’ogni gioja e senza
Speme si roda il perfido,
Lira eburna gli tolgo e plettro aurato.»
100Un gel mi prese a la feral sentenza,
E sbigottito e pallido
Esclamai: «Santi Numi, egli è spacciato!
E come vuoi che senza queste cose
104Ei se la cavi?» — «Come può,» rispose.
Tacque il Nume, e ristette somigliante
A la sua sacra immagine
Che per greco scalpel nel marmo spira;
108Dove negli atti e nel divin sembiante
Vedi la calma riedere,
E sul labbro morir la turgid’ira;
Spunta il piacer de la vittoria in viso,
112Mirando il corpo del Pitone anciso.
fine.