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di carlo imbonati 705

Dura è pel giusto solitario, il credi,
Dura, e pur troppo disegual, la guerra
Contra i perversi affratellati e molti.
135Tu, cui non piacque su la via più trita
La folla urtar che dietro al piacer corre
E a l’onor vano e al lucro; e de le sale
Al gracchiar voto e del censito volgo
Al petulante cinquettio, d’amici
140Ceto preponi intemerati e pochi,
E la pacata compagnia di quelli
Che spenti, al mondo anco son pregio e norma,
Segui tua strada; e dal viril proposto
Non ti partir, se sai. Questa, risposi,
145Qualsia favilla, che mia mente alluma,
Custodii, com’io valgo, e tenni viva
Finor. Nè ti dirò com’io, nodrito
In sozzo ovil di mercenario armento,
Gli aridi bronchi fastidendo, e il pasto
150De l’insipida stoppia, il viso torsi
Da la fetente mangiatoja; e franco
M’addussi al sorso de l’Ascrea fontana.
Come talor, discepolo di tale,
Cui mi saria vergogna esser maestro,
155Mi volsi ai prischi sommi; e ne fui preso
Di tanto amor, che mi parea vederli
Veracemente, e ragionar con loro.
Nè l’orecchio tuo santo io vo’ del nome
Macchiar de’ vili, che oziosi sempre,
160Fuor che in mal far, contra il mio nome armaro
L’operosa calunnia. A le lor grida
Silenzio opposi, e a l’odio lor disprezzo.
Qual merti l’ira mia fra lor non veggio;
Ond’io lieve men vado a mia salita,
165Non li curando. Or dimmi, e non ti gravi,
Se di te vero udii che la divina
De le Muse armonia poco curasti.
Sorrise alquanto, e rispondea: qualunque