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642 | appendice alla relazione |
riguardo alla materia, nè riguardo ai generi de’ componimenti. Gli argomenti principali della originale erano l’amore e il valore nelle armi: il primo era trattato in componimenti lirici, e il secondo in narrazioni epiche1. Di queste, i poeti italiani d’allora non ne composero nessuna. «De’ fatti d’arme,» disse Dante, «non trovo che alcun italiano abbia poetato finora2.» I poemi di cavalleria vennero molto più tardi.
In quanto all’amore, è noto ugualmente, che, nella poesia originale, come nella sua seguace, esso non era che un’applicazione continua d’una teoria composta di sentimenti, in parte puri ed elevati, in parte capricciosi e artifiziali, d’un culto per donne, qualche volta immaginarie: materia che, non essendo presso i nostri associata a imprese e ad avventure, di cui fosse lo stimolo e l’occasione, com’era ne’ racconti favolosi de’ maestri stranieri, rimaneva in una più angusta cerchia di concetti e legata a un più scarso e speciale formulario di parole e di frasi. Immaginarsi che in quella poesia, morta, come doveva accadere, dopo una vita brillante e fattizia, e un progressivo e naturale languore si possa riconoscere la causa efficiente e la materia prima d’una lingua, è come volere che in un fiore da vaso si contenga il seme d’un albero.
Afferma Dante, che: «tutto ciò che gl’Italiani componevano in poesia fu chiamato Siciliano3.» E di novo: «Tutto ciò che i nostri predecessori,» s’intende evidentemente poeti, «produssero in volgare, si chiama Siciliano4.» E questo perchè la cortesia e la munificenza dell’imperatore Federigo e di Manfredi suo figlio, attiravano e sè tutti i più nobili spiriti d’Italia; sicchè da quella corte usciva tutto ciò che gl’Italiani producevano di più eccellente; s’intende in poesia, e in quel genere di poesia5.
La testimonianza è irrecusabile, ma non fa al caso. Rimane bensì fuori di dubbio che, in tutta Italia, s’è detto: poesia siciliana; ma siccome non s’è detto (e come si sarebbe potuto dire?) lingua siciliana, per significare una lingua che fosse o potesse diventar comune a tutti gl’Italiani, così quel fatto è totalmente estraneo alla questione della lingua italiana. Fu il nome d’una scola non d’un popolo, d’un frasario non d’una lingua.
Si potè bensì dire «lingua toscana.» in un senso nazionale; e perchè era una lingua, e perchè, grazie soprattutto a que’ primi stupendi e veri maestri, e poi ad altri suoi insigni scrittori, potè manifestare una ricchezza e una varietà di forme, un’energia, e anche non di rado una aggiustatezza, da emulare l’ammirato e pianto latino. Sic fortis Etruria crevit6.
V.
Parlando nel Capitolo precedente, di due lingue davvero, che, in diverse epoche, hanno somministrata una quantità di vocaboli a quello che si chiama l’Italiano, se n’è lasciata indietro una terza, non per dimenticanza, che sarebbe stato un caso troppo strano; ma appunto perchè l’influsso di
- ↑ Si veda la dotta opera dell’illustre Fauriel: Dante et les origines de la langue et de la littérature italienne, Tom. l.er huitième leçon.
- ↑ Arma vero nullum Italum adhuc invenio poetasse. De Vulg. Eloq. Lib. II. Cap. II
- ↑ Quidquid poetantur Itali Sicilianum vocatur. De Vulg. Eloq. Lib. I, Cap. 12
- ↑ Quidquid nostri praecessores vulgariter protulerunt, Sicilianum vocatur. Ibid
- ↑ ........ et eo quod per plures doctores indigenas invenibus graviter cecinisse, puta in cantionibus illis:
Ancor che l’aigua per lo foco lassi,
et
Amor che longamente m’hai menato. Ibid.
- ↑ Virg. Georg. II, v. 533.