Pagina:Opere varie (Manzoni).djvu/612

606 dell’unità della lingua


Tre cagioni ci danno anima a sperare il contrario: l’effetto immediato e, diremo così, iniziale che produrrebbe per sè medesimo, al suo apparire, un vocabolario così fatto; l’aiuto efficacissimo che riceverebbe da de’ vocabolari, formati su di esso, de’ vari idiomi d’Italia; gli aiuti che il Governo può dare all’impresa, e de’ quali passeremo a sottomettere al giudizio del signor Ministro quelli che ci paiono più praticabili, dopo avere addotto qualche argomento intorno ai due altri capi accennati dianzi.

Riguardo al primo, tra l’effetto che può produrre il concetto astratto d’un vocabolario (come di qualunque altro istrumento, sia materiale, sia morale) e l’effetto del vederlo in una forma reale e concreta, corre un grandissimo divario.

Il concetto ideale, ravvolto, in certa maniera, nel suo nome, non presentando nulla di distinto, non accennando alcun modo d’attuazione, non offrendo alcun saggio sensibile della sua attitudine, e della sua opportunità, e obbligando quindi le menti a cercar tutto questo da sè, non può evidentemente diventare oggetto della preoccupazione, non diremo d’un pubblico intero, ma nemmeno d’una parte notabile d’un pubblico. Invece, un vocabolario positivo, col porgere i mezzi opportuni, fa avvertire il bisogno che se n’aveva, e rende manifesta la sua virtù nell’esercitarla. E sarebbe fare ingiuria al retto senso degl’Italiani il mettere in dubbio, che, all’apparire d’un mezzo pratico d’intendersi tra tutti loro, come s’intendono in frazioni separate, non ne sia scossa quella svogliatezza che è nata per l’appunto in gran parte dal non veder nulla d’attuale (e del resto, nemmen d’attuabile) in tutto il discutere che s’è fatto intorno alla lingua italiana.

Abbiamo accennato in secondo luogo, che i vocabolari degli altri idiomi sarebbero un mezzo efficacissimo per diffondere la lingua del vocabolario destinato a diventar comune. Avremmo quasi potuto dire: un mezzo indispensabile; giacchè un vocabolario non comparativo, può bensì insegnare se tali e tali vocaboli appartengano, o no, a una data lingua, può dare di essi una più precisa intelligenza con accurate definizioni, può indicare le loro varie attitudini e i loro accompagnamenti, con esempi cavati dall’uso generale e vivente (com’è nel vocabolario, francese citato sopra); ma questi servizi non li può prestare se non a chi conosca già materialmente i vocaboli intorno ai quali gli occorrano quelle altre cognizioni. Ciò che occorre a noi, in una gran parte de’ casi, è d’apprendere i vocaboli medesimi; e a ciò servono, come naturalissimi interpreti, i vocabolari degli altri idiomi. Sono il noto che può condurre all’ignoto desiderato, o certamente desiderabilissimo.

Noi siamo ben lontani dall’intenzione di svilire i lavori già fatti per un tal fine, e alcuni condotti con lunghe e diligenti ricerche. Ma importa all’argomento il notare la scarsa loro efficacia, e indicarne la cagione. È la solita: il non aver avuto una unità da opporre a dell’altre unità. Non l’avevano, nè tutti insieme, nè ognuno da sè, adoprando ognuno più critèri per la scelta de’ vocaboli da contrapporsi a quelli del suo idioma, prendendone, e da altri vocabolari, e da scritti di varie sorti, mettendo alle volte più locuzioni, più o meno probabili, a fronte di una locuzione certa del loro idioma; alle volte, locuzioni antiquate e morte, a fronte di locuzioni piene di vita, e fino qualche locuzione inventata da uno scrittore per suo uso, e che si trova in un libro solo, e in nessuna bocca; pescando insomma in quel guazzabuglio che s’è detto sopra.

Non essendo però inclinati a negar nulla di vero, riconosciamo senza difficoltà che, anche in que’ vocabolari, si trova una parte d’identico e di certo, ma una parte solamente e confusa in una mescolanza di cose eterogenee, mentre ciò che occorre è un tutto distinto.