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Ma, se per romanticismo si vuole intendere la somma delle idee, delle quali Le ho male esposta una parte, questo, non che esser caduto, vive, prospera, si diffonde di giorno in giorno, invade a poco a poco tutte le teorie dell’estetica; i suoi risultati sono più frequentemente riprodotti, applicati, posti per fondamento dei diversi giudizi in fatto di poesia. Nella pratica poi non si può non vedere una tendenza della poesia stessa a raggiunger lo scopo indicato dal romanticismo, a cogliere e a ritrarre quel genere di bello, di cui le teorie romantiche hanno dato un’idea astratta, fugace, ma che basta già a disgustare dell’idea che le è opposta. Un altro giudizio manifesto della vita, e del vigore di quel sistema sono gli applausi dati universalmente a de’ lavori, che ne sono l’applicazione felice. Ne citerò un esempio, per il piacere, che provo nel rammentare la giustizia resa al lavoro d’un uomo, a cui mi lega un’amicizia fraterna. Quando comparve l’Ildegonda, bollivano le questioni sul romanticismo, e non sarebbe stata gran maraviglia, se l’avversione di molti alla teoria avesse prevenuto il loro giudizio contro un componimento, che l’autore non dissimulava d’aver concepito secondo quella. Eppure la cosa andò ben altrimenti; le opinioni divise sulla teoria furono conformi (moralmente parlando) in una specie d’amore pel componimento. E ora, passato già più tempo di quello che sia generalmente concesso alle riuscite effimere, quel favore, mi pare di poter dire, quell’entusiasmo, è divenuto una stima, che sembra dover esser perpetua. In tutta la guerra del romanticismo, non è dunque perita che la parola. Non è da desiderarsi che venga in mente ad alcuno, di risuscitarla: sarebbe un rinnovare la guerra, e forse un far danno all’idea che, senza nome, vive e cresce con bastante tranquillità.

Eccomi una volta al termine. Il rimorso continuo di tanta prolissità mi ha forzato tante volte a chiederlene scusa, che le scuse stesse sono divenute allungamenti; e non oso più ripeterle. Si degni Ella di gradire invece l’espressione del sincero ossequio, e della viva gratitudine, che Le professo, e d’accogliere il desiderio che nutro, di poter, quando che sia, esprimerle a voce quei sentimenti, coi quali ho l’onore di rassegnarmele.

Brusuglio, 22 settembre 1823-

Devotissimo e obbligatissimo servitore

Alessandro Manzoni.


P.S. Per non ritardare davvantaggio la risposta alla gentilissima di Lei lettera, lascio partir questa, quale è, sparsa di sgorbi, e di cancellature. Ella me ne scuserà, ricordandosi che non si può mostrare altrui benevolenza, com’Ella ha fatto con me, senza ispirargli un poco di famigliarità.