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essere applicato a questi, ne’ quali ognuno è d’accordo che ci deva essere dell’inventato, che è quanto dire, del falso, il vero, che deve trovarsi in tutte le loro specie, et mème dans la fable, è dunque qualche cosa di diverso da ciò, che si vuole esprimere ordinariamente con quella parola, e, per dir meglio, è qualche cosa di non definito; nè il definirlo mi pare impresa molto agevole, quando pure sia possibile. Comunque sia, una tale incertezza non è particolare al principio che ho tentato d’esporle: è comune a tutti gli altri, è antica; il sistema romantico ne ritiene meno di qualunque altro sistema letterario, perchè la parte negativa, specificando il falso, l’inutile, e il dannoso, che vuole escludere, indica, e circoscrive nelle idee contrarie qualcosa di più preciso, un senso più lucido di quello, che abbiamo avuto finora. Del resto, in un sistema recente, non si vuol tanto guardare agli svolgimenti, che possa aver già ricevuti, quanto a quelli, di cui è capace. La formula che ne esprime il principio, è così generale; le parole di essa hanno, se non altro un suono, un presentimento così bello e così savio; il materiale dei fatti, che devono servire agli esperimenti, è così abbondante, che è da credersi, che un tale principio sia per ricevere, di mano in mano, svolgimenti, spiegazioni e conferme, di cui ora non è possibile prevedere in concreto, nè il numero, nè l’importanza. Tale almeno è l’opinione, che ho fitta nella mente, e che m’arride anche perchè in questo sistema, mi par di vedere una tendenza cristiana.

Era questa tendenza nelle intenzioni di quelli, che l’hanno proposto, e di quelli, che l’hanno approvato? Sarebbe leggerezza l’affermarlo di tutti, poichè in molti scritti di teorie romantiche, anzi nella maggior parte, le idee letterarie non sono espressamente subordinate al cristianesimo, sarebbe temerità il negarlo, anche d’uno solo, perchè in nessuno di quegli scritti, almeno dei letti da me, il cristianesimo è escluso. Non abbiamo, nè i dati, nè il diritto, nè il bisogno di fare un tal giudizio: quella intenzione, certo desiderabile, certo non indifferente, non è però necessaria per farci dare la preferenza a quel sistema. Basta che quella tendenza ci sia. Ora, il sistema romantico, emancipando la letteratura dalle tradizioni pagane, disobbligandola, per dir così, da una morale voluttuosa, superba, feroce, circoscritta al tempo, e improvida anche in questa sfera; antisociale, dov’è patriotica, e egoista, anche quando non è ostile, tende certamente a render meno difficile l’introdurre nella letteratura le idee, e i sentimenti, che dovrebbero informare ogni discorso. E dall’altra parte, proponendo anche in termini generalissimi il vero, l’utile, il bono, il ragionevole concorre, se non altro, con le parole, allo scopo del cristianesimo; non lo contraddice almeno nei termini. Per quanto una tale efficacia d’un sistema letterario possa essere indiretta, oso pur tenermi sicuro, ch’Ella non la giudicherà indifferente, Ella che, senza dubbio, avrà più volte osservato, quanto influiscano sui sentimenti religiosi i diversi modi di trattare le scienze morali, che tutte alla fine hanno un vincolo con la religione, quantunque distinzioni e classificazioni arbitrarie possano separarle da essa in apparenza, e in parole; Ella che avrà più volte osservato, come, senza parere di toccare la religione, senza neppure nominarla, una scienza morale prenda una direzione opposta ad essa, e arrivi a conclusioni che sono inconciliabili logicamente con gl’insegnamenti di essa; e come poi, qualche volta, avanzandosi e dirigendosi meglio nelle scoperte, rigetti quelle conclusioni e venga così a conciliarsi con la religione e, di novo, senza neppur nominarla, e senza avvedersene. Non so s’io m’inganni, ma mi pare, che più d’una scienza faccia ora questo corso felicemente retrogrado. L’economia politica, per esempio, nel secolo scorso, aveva, in molti punti, adottati quasi generalmente, de’ ca-