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526 | osservazioni sulla morale cattolica |
discernere, nelle nostre approvazioni e ne’ nostri biasimi; ma ognuno, esaminandosi, trova in sè stesso una disposizione ad approvare, independente da quest’interesse, e fondata sulla bellezza di ciò che approva. Si potrebbe dimostrare con degli esempi la realtà di questa disposizione; ma ognuno la sente, è un fatto.
Non lodiamo la modestia solamente come una qualità rara e difficile: ci sono dell’abitudini perverse a cui pochi uomini arrivano, e non ci arrivano, se non per gradi, e facendo violenza a sè stessi; e nessuno le approva.
Non lodiamo neppure la modestia solo perchè riunisca questi due caratteri d’utilità e di difficoltà. Il Vecchio della montagna ricavava un vantaggio dalla credulità e dalla devozione dell’uomo pronto a buttarsi nel precipizio, a un suo cenno, e doveva riconoscere uno sforzo difficile in quest’ubbidienza; eppure non poteva trovar degno di stima quest’uomo, ch’egli conosceva meglio d’ogni altro, come un miserabile zimbello della sua impostura.
Noi approviamo e lodiamo l’uomo modesto, perchè, malgrado l’inclinazione fortissima d’ogn’uomo a stimarsi eccessivamente, è arrivato a fare un giudizio imparziale e vero di sè stesso; e perchè è arrivato a farsi una legge di rendere alla verità questa testimonianza difficile e dolorosa. La modestia insomma piace come utilità e come difficoltà, ma prima di tutto come verità. Si ripassino pure tutti i concetti ragionevoli intorno alla modestia; tutti verranno a combinare con questo: La modestia è una delle più amabili doti dell’uomo superiore. Verissimo; anzi s’osserva comunemente che la modestia cresce in proporzione della superiorità: e questo si spiega benissimo con l’idee della religione. La superiorità non è altro che un grande avanzamento nella cognizione e nell’amore del vero: la prima rende l’uomo umile, e il secondo lo rende modesto.
Quest’uomo teme le lodi e le sfugge: ma le lodi sono gradevoli, e non c’è un’ingiustizia apparente nel cercar d’ottenerle spontanee: eppure il suo contegno è approvato da tutti quelli che apprezzano la virtù. Ciò accade perchè quel contegno è ragionevole. L’uomo modesto vede che le lodi non gli ricordano che una parte di sè, e quella appunto che è già inclinato a considerare e a ingrandire, mentre, per conoscersi bene, ha bisogno di considerare tutto sè stesso; vede che le lodi lo trasportano facilmente ad attribuire a sè ciò che è dono di Dio, a supporre in sè una eccellenza sua propria, e quindi a ingannarsi deplorabilmente e colpevolniente. Perciò le sfugge, perciò nasconde le sue belle azioni, perciò conserva i suoi sentimenti più nobili nella custodia del suo core; avvertito appunto dallo studio sincero di sè medesimo, che tutto ciò che lo porta a farne mostra, è un desiderio superbo d’esser distinto, osservato, stimato, non quello che è, ma il meglio possibile.
Ma, se la verità e la carità lo richiedono, anche l’uomo modesto lascia apparire il bene che è in lui, e se ne rende testimonianza. Ne è uno splendido modello la condotta di san Paolo, quando l’utile del suo ministero l’obbliga a rivelare ai Corinti i magnifici doni di Dio. Costretto a parlare di ciò che lo può elevare agli occhi altrui, ne restituisce a Dio tutta la gloria, e confessa spontaneamente le miserie più umilianti in un apostolo, in cui la dignità della missione par che escluda l’idea, non solo della caduta, ma della tentazione. Nell’animo sublimato alla intelligenza delle arcane parole che non è lecito a un uomo di proferire1, chi avrebbe
- ↑ Quoniam raptus est in Paradisum, et audivit arcana verba, quæ non licet homini loqui. II Corinth. XII, 4