Pagina:Opere varie (Manzoni).djvu/529


capitolo decimosesto 523

cura di ricercarli, e non fa per lo più attenzione all’ astinenze , se non quando presentano un contrasto col resto della condotta.

Ci sono, anche nella Chiesa, dell’istituzioni transitorie, il fine delle quali è solamente di preparare e di condurre gli uomini d’un tempo o d’un luogo a un ordine, più elevato; ce ne sono dell’altre, che la Chiesa mantiene stabilmente, perchè affatto connaturali al suo ordine intrinseco e perpetua. Esse attraversano delle generazioni ribelli o noncuranti, rimangono immobili in mezzo a un popolo dimentico o derisore, aspettando le generazioni ubbidienti e riflessive; perchè sono fatte per tutti i tempi. Tali sono, non dico il digiuno, che è d’istituzione divina, ma la più parte delle leggi ecclesiastiche che ne prescrivono delle speciali applicazioni: tali sono, per esempio, le vigilie. Celebrare la commemorazione de’ gran misteri, e degli avvenimenti ai quali dev’essere rivolta tutta la considerazione del cristiano, e prepararcisi con la penitenza e con le privazioni, è un’istituzione tanto essenzialmente cristiana, che si confonde per l’origine della religione, e non ha avuto un momento di sospensione.

L’astinenza da certi cibi, come abbiamo detto, è un’altra applicazione dello stesso principio. Se ci sono di quelli che combinano l’esecuzione materiale di questo precetto con l’intemperanza e con la gola; e se ci sono degli altri che prendono da ciò il pretesto di farsene beffe, la Chiesa non ha creduto per questo di dover abolire una memoria vivente dell’antica semplicità e dell’antico rigore, di dover cancellare ogni vestigio di penitenza, e levare a tanti suoi figli un mezzo d’esercitarla ubbidendo. Perchè, non mancano de’ ricchi che osservano sinceramente, e per spirito di penitenza, una legge di penitenza; e, tra i poveri, non sono mancati coloro che, forzati a una sobrietà che rendono nobile e volontaria con l’amarla, trovano il mezzo d’usar qualche maggior severità al loro corpo, ne’ giorni in cui una particolare afflizione è preceritta dalla Chiesa. Essa li considera come il suo più bell’ornamento, e come i suoi figli prediletti. Tutte queste pratiche non possono dirsi sostituite alla sobrietà: non ne dispensano; la suppongono invece, e ne sono un perfezionamento.

Lo stesso si dica devoti di verginità e di castità, in relazione con la continenza. Come chiamarle una sostituzione a questa, se ne sono l’esercizio più eminente? È inutile dire che la verginità, lodata e consigliata da san Paolo1, che ne diede l’esempio, lodata e disciplinata dai Padri, non è un’invenzione de’ casisti.

Che se l’impudicizia può metter radice ne’ cori, malgrado il voto di verginità, e la gola, malgrado l’astinenze, vorrà dire che tanta è la corruttela dell’uomo, che i mezzi stessi proposti dall’Uomo-Dio non la estirpano totalmente; che sono bensì armi per poter vincere, ma che non dispensano dal combattere: ma chi potrà supporre che ci possano essere de’ mezzi migliori? Opporre alla Chiesa, la quale consiglia o comanda l’esercizio più perfetto d’una virtù, che questo può qualche volta essere scompagnato dal sentimento di quella virtù, non può, per quello ch’io vedo, condurre ad alcuna utile conseguenza. Perchè quest’obiezione avesse forza, converrebbe poter asserire che, una religione la quale si limitasse a proporre la sobrietà e la continenza, estirperebbe dal core degli uomini la radice dell’inclinazioni contrarie.



  1. De virginibus autem praeceptum Domini non habeo; consilium autem do, tamquam misericordiam consecutus a Domino, ut sim fidelis. Existimo ergo hoc bonum esse propter instantem necessitatem, quoniam bonum est homini sic esse. Alligatus es uxori? noli quærere solutionem. Solutus es ab uxore? noli quærere uxorem. I Cor. VII; 25, 26, 27.