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capitolo decimoterzo | 507 |
Per sentire la gran differenza che passa tra il male che questi combattono, e quello di cui s’è parlato finora, bisogna distinguere due gradi o, per dir meglio, due generi di bontà: quella di cui si contenta il mondo, e quella voluta dal Vangelo, e predicata da’ suoi ministri. Il mondo, per il suo interesse e per la sua tranquillità, vuole degli uomini che s’astengano dai delitti (senza rinunziare ad approvar quelli che possano giovare ad alcuni), e esercitino virtù utili temporalmente agli altri: il Vangelo vuol questo e il core. Ce ne sont pas les désordres évités qui font les chrétiens, ce sont des vertits de l’ Evangile pratiquées; ce ne sont pas des moeurs irréprochables aux yeux des hommes, c’est l’esprit de Jésus Christ crucifié1.
È contro la mancanza di questo spirito che declamano i preti cattolici, e contro la persuasione che possa esser supplito da pratiche esterne di religione; che vivendo per il mondo, e non si curando o non ricordandosi del fine soprannaturale che deve animare l’azioni del cristiano, s’abbia ragione di credersi tale per il semplice adempimento di certi precetti, i quali non hanno valore che dal core. Ma quelli a cui sono rivolti questi rimproveri, son uomini de’ quali il mondo non ha che dire; sono i migliori tra i suoi figli. E se la Chiesa non è contenta di loro, è perchè mira a un ordine di santità che il mondo non conosce; è perchè, non avendo altro interesse che la salute degli uomini, vuole le virtù che perfezionano chi le esercita, e non solamente quelle che sono utili a chi le predica. Non basta alla Chiesa che gli uomini non s’uccidano tra di loro; vuole che abbiano un core fraterno l’uno per l’altro, vuole che s’amino in Gesù Cristo: davanti ad essa nulla può supplire a questo sentimento; ogni atto di culto che venga da un core privo di carità, è, a’ suoi occhi, superstizioso e menzognero. Ma la superstizione che concilia l’omicidio e lo spergiuro con l’ubbidienza a’ precetti, è una mostruosità che, ardirei dire, non ha bisogno d’esser combattuta.
Che se pure se ne incontrasse qualche esempio, quali riflessioni utili ci si potrebbero far sopra? qual sentimento dovrebbero, ispirare i precetti della Chiesa quand’anche li vedessimo scrupolosamente osservati dall’uomo più reo? Si può indicarlo con piena fiducia, perchè c’è stato insegnato da chi non può errare. Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti, che pagate la decima della menta e dell’aneto e del cumino, e avete trascurato il più essenziale della legge, la giustizia, e la misericordia, e la fede. Così rimproverava il Figliuolo di Dio e qual contrasto tra l’importanza dei precetti disprezzati e degli eseguiti! Ma si veda qual è l’insegnamento che dà a quegl’ingannati. Non mostra di disprezzare il piccolo comandamento (anzi lo scrupolo minuto nell’adempimento di esso)2, quantunque lo metta a confronto di ciò che la legge ha di più grave: anzi, perchè la considerazione della giustizia, della misericordia e della fede non faccia concepire noncuranza per quello; perchè si veda che il male sta nella trasgressione e non nell’ubbidienza, che tutto ciò che è comandato è sacro, che tutto ciò che è pio è utile, aggiunge: Queste cose bisognava fare, senza ometter quelle3.
- ↑ Massillon, Sermon du jeudi de la II semaine de Caréme. Le mauvais riche.
- ↑ «La legge non ordinava di pagar la decima dell'erbe più minute.» Mons. Martini, in nota al passo citato.
- ↑ Vae vobis, Scribæ et Pharisæi hypocritae, qui decimatis mentham et anethum et cyminum, et reliquistis quae graviora sunt legis, iudicium, et misericordiam, et fidem: haec oportuit facere, et illa non omittere. Matth. XXIII, 23.