Tutta Longobardia, pronta, concorde
Contro gl’inermi, e fida allor che a certa
E facil preda la conduci. Anfrido,
Qual guerra! e qual nemico! Ancor ruine
Sopra ruine ammucchierem: l’antica
Nostr’arte è questa: ne’ palagi il foco
Porremo e ne’ tuguri: uccisi i primi,
I signori del suolo, e quanti a caso
Nell’asce nostre ad inciampar verranno,
Fia servo il resto, e tra di noi diviso;
E ai più sleali e più temuti, il meglio
Toccherà della preda. - Oh! mi parea,
Pur mi parea che ad altro io fossi nato,
Che ad esser capo di ladron; che il cielo
Su questa terra altro da far mi desse
Che, senza rischio e senza onor, guastarla.
- O mio diletto! O de’ miei giorni primi,
De’ giochi miei, dell’armi poi, de’ rischi
Solo compagno e de’ piacer; fratello
Della mia scelta, innanzi a te soltanto
Tutto vola sui labbri il mio pensiero.
Il mio cor m’ange, Anfrido: ei mi comanda
Alte e nobili cose; e la fortuna
Mi condanna ad inique; e strascinato
Vo per la via ch’io non mi scelsi, oscura,
Senza scopo; e il mio cor s’inaridisce,
Come il germe caduto in rio terreno,
E balzato dal vento.
anfrido.
Alto infelice!
Reale amico! Il tuo fedel t’ammira,
E ti compiange. Toglierti la tua
Splendida cura non poss’io, ma posso
Teco sentirla almeno. Al cor d’Adelchi
Dir che d’omaggi, di potenza e d’oro
Sia contento, il poss’io? dargli la pace
De’ vili, il posso? e lo vorrei, potendo?
- Soffri e sii grande: il tuo destino è questo,
Finor: soffri, ma spera: il tuo gran corso
Comincia appena; e chi sa dir, quai tempi,
Quali opre il cielo ti prepara? Il cielo
Che re ti fece, ed un tal cor ti diede.