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492 | osservazioni sulla morale cattolica |
fronto con la Francia e con la Germania, viene a concedere che si può esser cattolici senza tenerla, che dunque non è fondata su una legge. Se si dirà che è un abuso, allora l’uomo che abbiamo supposto non dovrà più cavarne conseguenze contro la legge, ma cercare il vizio nella trasgressione di essa; e la discussione muta affatto specie. Dovrà cercare quali siano gli ostacoli che impediscono l’effetto naturale della legge, e quali i mezzi per farla eseguire. Ammesso dunque il fatto, ne resulterebbe che quest’inconveniente esiste in Italia, perchè gl’Italiani non sono abbastanza cattolici; che, per levarlo di mezzo, bisogna fare in maniera che diventino più esattamente cattolici, come si suppongono quelli di Francia e di Germania.
Se nell’ordine civile si tenesse per regola generale d’abolire tutte le leggi che non sono universalmente eseguite, si terrebbe una regola pessima: benchè, in molti casi, la trasgressione della legge possa arrivare al segno di renderla inutile e dannosa, e essere un ragionevole motivo di abolirla. Ma nelle cose della religione, la regola sarebbe ben più falsa, perchè le leggi essenziali della religione non sono calcolate sugli effetti parziali e temporari, nè si piegano alle circostanze, ma intendono di piegar tutto a sè; sono emanate da un’autorità inappellabile, ed è impossibile all’uomo il sostituirne delle più convenienti. Il ministero ecclesiastico istituito da Gesù Cristo, è una di tali leggi; e il peggiore abuso che gli uomini possano fare di questo ministero, è quello di distruggerlo per quanto è in loro, col farlo cessare in qualche luogo, e per qualche tempo. Il sistema della Chiesa non è, nè dev’essere, d’estirpare gli abusi a qualunque costo, ma di combinare la conservazione di ciò che è essenziale, con l’estirpazione, o con la possibile diminuzione degli abusi: essa non imita l’artefice imperito e impaziente che spezza l’istrumento, per levarne la ruggine. Perchè ci sono abusi? Perchè gli uomini sono portati al disordine delle passioni. E perciò appunto Gesù Cristo ha data l’autorità alla Chiesa, ha istituito il ministero; perciò appunto ìl ministero è indispensabile. Quello che la Chiesa vuole evitare prima di tutto, è il male orribile d’un popolo senza cristianesimo, e l’assurdità d’un cristianesimo senza ministero. È necessario che i ministri abbiano di che vivere; e per questo fine ci sono due mezzi. L’uno sarebbe, di scegliere esclusivamente i ministri tra gli uomini provvisti di beni di fortuna: mezzo irragionevole e temerario, che, restringendo arbitrariamente la vocazione divina a una sola classe d’uomini, sconvolgerebbe affatto l’ordine del governo ecclesiastico; l’altro è d’ordinare che il ministero dia di che vivere a chi lo esercita: mezzo tanto ragionevole, che è stato stabilito in legge dal principio del cristianesimo; poichè il prete, servendo all’altare, s’inabilita ad acquistarsi il vitto altrimenti. Dunque i fedeli devono somministrare il mantenimento a’ ministri dell’altare: ecco la legge. Ma, tra i ministri, che sono uomini, non mancherà chi, rivolgendo all’avarizia ciò che è destinato al bisogno, usi illegittimamente del diritto certo di ricevere, estendendolo a cose a cui non è applicabile; ma tra i fedeli non mancherà chi, dall’idea vera, che è un’opera bona il provvedere al mantenimento de’ ministri, passi a dare a quest’opera un valore che non ha, attribuendo ad essa gli effetti che appartengono esclusivamente ad altre opere indispensabili, e sia generoso per dispensarsi d’essere cristiano: ecco l’abuso. E siccome quest’abuso è contrario allo spirito e alla lettera dell’istituzione, così il vero mezzo di levarlo, sarà di ricorrere all’istituzione stessa. Così hanno fatto tante volte quelli a cui è confidata l’autorità di farlo direttamente. La storia ecclesiastica attesta a ogni passo i loro sforzi, e spesso le riuscite: per non andar lontano, l’esempio del concilio di Trento citato qui ne è una prova;