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484 | osservazioni sulla morale cattolica |
(e tutti i precetti della morale cristiana hanno la loro sanzione in questo domma; e quanti filosofi, anche nemicissimi della religione, non l’hanno riguardato come un suo gran benefizio, come un supplimento ai mezzi umani per accrescere il bene morale, e diminuire il male!); se il tempo della prova è in questa vita, l’uomo che, al finir della prova, è in stato di giustizia, è necessariamente in stato di salvezza.
E quali sono le conseguenze legittime di questi princìpi, riguardo alla condotta di tutta la vita? È evidente che, per fare con cognizione di causa una tale ricerca, bisogna osservare il complesso della dottrina di cui essi non sono che una parte.
A chi, nel pericolo prossimo d’un’inondazione, domandasse, se trascurando di mettersi in salvo in quel momento, sarebbe certo di perire, cosa si dovrebbe rispondere? No: non è assolutamente certo che perirete trattenendovi in un tale pericolo. Una cagione impreveduta può svoltare il corso dell’acqua; l’acqua stessa può mandarvi vicina una tavola che vi porti a salvamento. Ma voi ponete male la questione, considerando unicamente, in una deliberazione di tanta importanza, una possibilità debole e lontana, e lasciando da una parte la difficoltà che ogni momento di ritardo rende più grave.
Lo stesso è nell’altre della salvezza dell’anima.
È sempre possibile il convertirsi, dice la Chiesa, e non può dire altrimenti; ma è difficile, ma questa difficoltà cresce à misura che il tempo passa, che i peccati s’accumulano, che l’abitudini viziose si rinforzano, che s’è stancata la pazienza di Dio, restando sordi alle sue chiamate; quindi la difficoltà è massima appunto al momento d’abbandonare la vita. E la Chiesa, non solo non lusinga i peccatori che potranno superare questa difficoltà, ma non cessa dí rammentar loro, che non sanno nemmeno se potranno affrontarla; giacchè il momento e il modo della morte sono ugualmente incerti.
Dunque bisogna vivere in ogni momento in maniera di poter con fiducia presentarsi a Dio; dunque la conversione è necessaria in ogni momento ai peccatori, la perseveranza in ogni momento ai giusti: tali e simili sono le conseguenze che un uomo ragionevole (e la religione, come tutte le dottrine vere, intende parlare alla ragione) possa dedurre da quella dottrina. Conseguenze; delle quali nulla si può pensare di più morale, e di più applicabile a ogni azione, a ogni pensiero; e che tutte si riducono a quell’avvertimento lasciatoci dal Maestro medesimo: State preparati, perchè, nell’ora che meno pensate, verrà il Figliolo dell’uomo1. Quindi quella dottrina, lungi dal portar gli uomini a non considerare che la morte, è sommamente propria a dirigere tutta la vita.
«Ma cos’importa, si dirà, che le conseguenze immorali siano legittime o no, quando sono state dedotte, quando gli uomini hanno regolata la loro vita su queste conseguenze? Voi dite che i cattolici viziosi hanno ragionato stortamente: sia pure; ma questa dottrina è sempre stata per loro un’occasione di ragionar così; e hanno vissuto nel male, con la fiducia e per la fiducia di morir bene.»
Suppongo il fatto, e domando: come rimediarci? O bisogna provare che gioverebbe alla morale il lasciar gli uomini senza una dottrina sul ritorno a Dio, sui suoi giudizi, sulle pene e sui premi della vita futura; o trovarne una diversa dalla rivelata, e che non abbia nè questi inconvenienti, nè de’ peggiori. Venga un uomo che s’arroghi di farlo, non avrà la Chiesa ragione di fermarlo e di dirgli: Perchè gli uomini hanno cavate
- ↑ Et vos estote parati: quia, qua hora non putatis, Filius hominis veniet. Luc. XII, 40.