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capitolo ottavo 481

riconciliano a Dio; cioè la penitenza, alla quale non è lecito avvicinarsi senza dolore del peccato e senza proposito di nova vita e il battesimo che negli adulti esige le stesse disposizioni. Poteva la Chiesa mostrare più ad evidenza, che non conta, che anzi ricusa le pratiche esterne, quando non siano segni d’un amore sincero della giustizia?

Ma donde può essere nata una opinione tanto contraria allo spirito della Chiesa? Io credo da un equivoco. Essendo la confessione la parte più apparente del sacramento di penitenza, ne è venuto l’uso di chiamare impropriamente confessione tutto il sacramento. Ma s’avverta che quest’inesatezza di parole non ne ha corrotta l’idea; perchè la necessità del dolore, del proponimento e della soddisfazione è tanto universalmente insegnata, che si può affermare non esserci catechismo che non la inculchi, nè ragazzo ammesso alla confessione che l’ignori.




CAPITOLO NONO


SUL RITARDO DELLA CONVERSIONE.


La vertu, au lieu d’être la tâche constante de toute la vie, ne fut plus qu’un compte à régler à l’article de la mort. Il n’y eut plus aucun pécheur si aveuglé par ses passions, qu’il ne projetât de donner, avant de mourir, quelques jours au soin de son salut; et dans cette confiance, il abandonnoit la bride à ses penchans déréglés. Les casuistes avoient dépassé leur but, en nourissant une telle confiance; ce fut en vain qu’ils prêchèrent alors contre le retard de la conversion, ils étaient eux-mêmes les créateurs de ce déréglement d’esprit, inconnu aux anciens moralistes; l’habitude étoit prise de ne considérer que la mort du pécheur, et non sa vie, et elle devint universelle. Pag. 415, 416.


Quest’ultima obiezione contro la dottrina cattolica della penitenza viene a dire, che essa ha proposto un mezzo di remissione tanto facile, tanto a disposizione del peccatore in ogni momento, che questo, sicuro per così dire del perdono, è stato indotta a continuar nel vizio, riservando la penitenza all’ultimo; e che, in questa maniera, non solo tutta la vita è stata resa independente dalla sanzione religiosa, ma questa stessa è divenuta un incoraggimento al mal fare, e la morale è stata, per conseguenza, rovinata.

Un tale, tristissimo effetto vien qui, per quanto mi pare, attribuito promiscuamente alla dottrina, all’opinioni del popolo, e all’insegnamento del clero: e queste sano infatti le cose da considerarsi nella questione presente. Noi le esamineremo partitamente, per presentarle secondo quello che ci pare il loro vero aspetto. Ma prima sarà ben fatto d’accennare le proposizioni che noi crediamo dovere essere il resultato di questo esame.

I. La dottrina — è la sola conforme alle Sacre Scritture — è la sola che possa conciliarsi con la ragione e con la morale.

II. L’opinioni venute dall’abuso della dottrina — sano pratiche e non speculative — sono individuali e non generali — non possono esser distrutte utilmente, che dalla cognizione e dall’amore della dottrina.

III. Il clero (preso non nella totalità fisica, ma nella unanimità morale) — non insegna la dottrina falsa — non dissimula la vera.