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478 | osservazioni sulla morale cattolica |
le spalle le iniquità del pentito: essa promette il perdono, e offre il mezzo di scontare il prezzo del peccato. Mistero di sapienza e di misericordia! mistero, che la ragione non può penetrare, ma che tutta la occupa nell’ammirarlo; mistero che, nell’inestimabilità del prezzo della redenzione, dà un’idea infinita e dell’ingiustizia del peccato e del mezzo d’espiarlo, un’immensa ragione di pentimento, e un’immensa ragione di fiducia.
Ma la religione non fa solamente questo; essa rimove anche gli altri ostacoli che gli uomini oppongono al ritorno alla virtù. Il reo sfugge la società di quelli che non lo somigliano; perchè li teme superbi della loro virtù: aprirà egli il suo core a loro, che ne profitteranno per fargli sentire che sono da più di lui? Che consolazione gli daranno essi, che non possono restituirgli la giustizia? essi che stanno lontani da lui, per parere incontaminati? che parlano di lui con disprezzo, perchè si veda sempre più che disprezzano il vizio? essi che lo sforzano così a cercare la compagnia di quelli che sono colpevoli come lui, e che hanno le stesse ragioni per ridersi della virtù? La giustizia umana ha pur troppo con sè l’orgoglio del Fariseo che si paragona col Pubblicano, che prende un posto lontano da lui; che non s’immagina che quello possa diventare un suo pari; che, se potesse, lo terrebbe sempre nell’abiezione del peccato.
Ma questa divina religione d’amore e di perdono ha istituiti de’ conciliatori tra Dio e l’uomo. Li vuole puri, perchè la loro vita accresca autorità alle loro parole, perchè il peccatore, con l’accostarsi a loro, si senta ritornato nella compagnia de virtuosi; ma li vuole umili, e perchè possano esser puri, e perchè quello possa ricorrere a loro, senza temere d’esserne respinto. Egli s’avvicina senza ribrezzo a un uomo che confessa d’esser peccatore anche lui, a un uomo che dal sentire le di lui colpe, ricava anzi fiducia che chi le rivela sia caro a Dio, e venera nel ravveduto la grazia di Colui che richiama a sè i cori; a un uomo che riguarda in quello che gli sta a’ piedi la pecora cercata e portata sulle spalle del pastore, l’oggetto della gioia del cielo; a un uomo che tocca le sue piaghe con compassione e con rispetto, che le vede già coperte di quel Sangue che invocherà sopra di esse. Sapienza mirabile della religione di Cristo! Essa impone al penitente dell’opere di soddisfazione, che diventano per lui un testimonio consolante del suo cambiamento, e con le quali si rinfranca nell’abitudini virtuose e nella vittoria di sè stesso; con le quali mantiene la carità, e compensa, in certa maniera, il mal fatto. Perchè, non solo la religione non gli accorda il perdono, se non a condizione che ripari, potendo, i danni fatti al prossimo; ma, per ogni sorte di colpe, lo assoggetta alla penitenza, la quale non è altro che l’aumento di tutte le virtù, e quella che fa dell’offensore di Dio un ministro umile e volontario della sua giustizia. Essa prescrive a’ suoi ministri, che s’assicurino il più che possono della realtà del pentimento e del proposito; indagine che tende, non solo a impedire che s’incoraggisca il vizio con la facilità del perdono, ma a dare una più consolante fiducia all’uomo che è pentito davvero: tatto è sollecitudine di perfezione e di misericordia. E i ministri che riconciliassero leggermente chi non fosse realmente mutato, essa li minaccia che, in vece di scioglierlo, saranno legati essi medesimi; tanta è la sua cura perchè l’uomo non cambi in veleno i rimedi pietosi che Dio ha dati alla nostra debolezza.
Chi, con queste disposizioni, è ammesso alla penitenza, è certamente nella strada della virtù; chi s’è sentito dire dal ministro del Signore, che è assolto, si trova come ristabilito nel retaggio dell’innocenza, e principia di novo a battere quella strada con alacrità, con tanto più di fervore, quanto più si rammenta che frutti amari ha colti in quella del vizio, quanto più sente che gli atti e i sentimenti virtuosi sono i mezzi che la religione