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capitolo settimo 469

dico? d’un secolo, in cui un vecchio divorato dalle fiere era un passatempo per il popolo, e un tal principe dava al popolo un tal passatempo?

Pur troppo i secoli cristiani hanno esempi di crudeltà commesse col pretesto della religione; ma si può sempre asserire che quelli i quali le hanno commesse, furono infedeli alla legge che professavano; che questa li condanna. Nelle persecuzioni gentilesche, nulla può essere attribuito a inconseguenza de’ persecutori, a infedeltà alla loro religione, perchè questa non aveva fatto nulla per tenerli lontani da ciò.

Con questa discussione parrà forse che ci siamo allontanati dall’argomento; ma essa non sarà affatto inutile, se potrà dare occasione d’osservare che molti scrittori hanno adoprato due pesi e due misure per giudicare de’ cristiani e de’ gentili; se potrà servire a rimovere sempre più dalla morale cattolica l’orribile taccia di sangue, che tante volte le è stata data, a rammentare che la violenza esercitata in difesa di questa religione di pace e di misericordia è affatto avversa al suo spirito, come è stato professato senza interruzione in tutti i secoli dai veri adoratori di Colui che con tanta autorità gridò ai discepoli che invocavano il foco del cielo sulle città che ricusavano di ricevere la loro salute1, di Colui che comandò agli Apostoli di scotere la polvere de’ loro piedi2, e d’abbandonare gli ostinati. Onore a quegli uomini veramente cristiani che, in ogni tempo, e in faccia a ogni passione e a ogni potenza, predicarono la mansuetudine; da quel Lattanzio che scrisse doversi la religione difendere col morire, e non con l’uccidere3, fino agli ultimi che si sono trovati in circostanze in cui ci volesse coraggio per manifestare un sentimento così essenzialmente evangelico. Onore a essi, giacchè noi non possiamo più averne onore, in tempi e in luoghi in cui non si può sostenere il contrario senza infamia; in cui, se gli uomini non hanno (così avessero!) rinunziato agli odî, hanno almeno saputo vedere che la religione non può accordarsi con quelli; se ammettono troppo spesso il pretesto dell’utile e delle gran passioni per bona scusa di vessazioni e di crudeltà, confessano che la religione è troppo pura per ammetterlo, che la religione non vuol condurre gli uomini al bene se non per mezzo del bene.




  1. Intraverunt in civitatem Samaritanorum, et non receperunt cum. Cum vidissent autem discipuli eius Iacobus et Ioannes, dixerunt: Domine, vis dicimus ut ignis descendat de coelo et consumat illos? Et conversus increpavit illos, dicens: Nescitis cuius spiritus estis. Luc. IX, 52, 53, 51, 55.
  2. Et quicumque non receperit vos, neque audierit sermones vestros; exeuntes foras de domo, vel civitate, excutite pulverem de pedibus vestris. Matth. X, 11.
  3. Defendenda enim est religio, non uccidendo sed moriendo; non saevitia, sed patientia; non scelere, sed fide: illa enim malorum sunt, haec bonorum. Et necesse est bonum in religione versari, non malum. Nam si sanguine, si tormentis, si malo religione defendere velis, iam non defendetur illa, sed polluetur, atque violabitur. Nihil tam voluntarium quam religio, in qua si animus sacrificantis aversus est, iam sublata, iam nulla est. Lactantii, Divin. Institut. Lib. V, c. XX.