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capitolo terzo 451

nozione e per il paragone d’un bene perfetto e inamissibile: nozione che ha istruito l’uomo intorno alla sua intima natura più di quello che nessuna speculazione scientifica potesse mai fare; poichè, concepita l’essenza d’un tal bene, l’uomo potè intendere e, dirò così, avvedersi che solo un bene di quel genere, o piuttosto quel solo bene fuori d’ogni genere, era capace di soddisfare un essere dotato, come lui, d’intelligenza e di volontà; nozione, la quale sola può render ragione di quell’esperienza medesima, appunto perchè la trascende infinitamente! Cieca e materiale credenza quella che, facendo intendere che i beni temporali non sono il fine dell’uomo, li fa con ciò stesso conoscere come mezzi; e nella quale trovano per conseguenza una ragione evidente del pari e il giusto disprezzo e la giusta stima di essi; il procurarli agli altri, e il trascurarli per sè, quando il trascurarli sia un mezzo più conducente al fine, che il possederli; e la pazienza senza avvilimento, e l’attività senza inquietudine!

Dunque ancora, l’essere la filosofia morale distinta dalla teologia (la quale non è altro che la scienza della religione), non è punto una condizione appartenente all’essenza della morale: è solamente un fatto possibile, e troppo spesso reale. E il voler convertire un tal fatto in un principio, il volere cioè che la scienza morale deva rimanere assolutamente distinta dalla teologia, sarebbe, non dico un condannarla a rimanere in uno stato d’imperfezione, ma un costituirla nell’errore; perchè, quantunque sia possibile (giova ripeterlo) il formare coi soli elementi somministrati dalla cognizione naturale, una scienza morale mancante bensì di verità importantissime, ma immune da errori; pure l’escludere scientemente e di proposito tali verità, è già per sè un errore capitale, e è insieme una cagione perenne d’errori. Sarebbe un voler perpetuare, in mezzo alla luce del Vangelo, l’oscurità e l’incertezza del gentilesimo; e con tanto più tristo effetto, quanto il rifiutare la verità allontana da essa più che l’ignorarla.

Dunque finalmente, anche secondo i soli argomenti della ragione, la Chiesa, impadronendosi della morale1, non ha fatto altro che adempire una condizione essenziale alla vera religione. A una che si desse per tale, e non asserisse di possedere l’intera e perfetta morale, la ragione medesima potrebbe, anzi dovrebbe dire: . Quando protesti di non essere la custode perpetua, la maestra suprema della morale, non posso non crederti; perchè il non riconoscere in sè una tale autorità e il non averla,

  1. L’illustre autore, dopo aver detto: L’Église s’empara de la morale, aggiunge: comme étant purement de son domaine: parole che non esprimono esattamente la dottrina cattolica, e perciò richiedono un’osservazione. La Chiesa non dice che la morale appartenga puramente (nel senso d’esclusivamente) a lei; ma che appartiene a lei totalmente. Non ha mai preteso che, fuori del suo grembo, e senza il suo insegnamento, l’uomo non possa conoscere alcuna verità morale: ha anzi riprovata quest’opinione più d’una voltar perchè è comparsa in più d’una forma. Dice bensì, come ha detto e dirà sempre, che, per l’istituzione che ha avuta da Gesù Cristo, e per lo Spirito Santo mandatole in suo nome dal Padre, essa sola possiede originariamente e inamissibilmente l’intera verità morale (omnem veritatem), nella quale tutte le verità particolari della morale sono comprese; tanto quelle che l’uomo può arrivare a conoscere col semplice mezzo della ragione, quanto quelle che fanno parte della rivelazione, o che si possono dedurre da questa; come fa la Chiesa stessa, con assoluta autorità, nelle nove decisioni che siano richieste da novi bisogni; e come si fa nella Chiesa, con autorità condizionata e sottomessa, da quelli che hanno da essa l’incarico d’istruire i fedeli nella legge di Dio; e come si fa anche da’ semplici fedeli medesimi, senza autorità, ma senza usurpazione, quando riconoscano questa mancanza in loro d’ogni autorità, e abbiano l’intenzione sincera di non dipartirsi dagl’insegnamenti della Chiesa, e di sottomettersi in ogni caso a ogni sua decisione.