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capitolo terzo 449

ugual complesso di cognizioni morali, non sarebbe nesso, ma identità. Dicendo poi: «una di esse,» bisogna intendere una sola di esse, la quale e abbia qualcosa che l’altra non ha, e abbia tutto ciò che l’altra ha; o, in altri termini, la comprenda in sè tutta quanta; giacché, se si volesse intendere che ognuna delle due abbia qualcosa di proprio e di speciale, che manchi all’altra, s’avrebbe a supporre, o che dipendano da due diversi princìpi, il che è evidentemente falso, quando hanno lo stesso oggetto; o che non fossero se non due parti diverse, due applicazioni parziali e circoscritte e, per dir così, due diversi frammenti d’una scienza che contenesse il principio supremo della morale, e fosse insomma la vera e universale scienza della morale: supposizione, anche questa, che non si può enunciare, se non per escluderla. Per conseguenza, ciò che una di quelle due, alle quali si dà ugualmente il nome di morale, deve avere più dell’altra, è niente meno che l’integrità, l’essere completo di scienza morale: l’altra non può essere appunto, che una parte e come un frammento di questa. Il dar poi a tutt’e due ugualmente il nome di morale può essere senza errore e senza inconveniente, quando non gli si attribuisca un valore uguale ne’ due casi tanto disuguali: quando, cioè, per l’una s’intenda la collezione ordinata, ma implicitamente subordinata, d’alcune verità morali; per l’altra, la scienza perfetta e assoluta, che ne comprende l’ordine intiero. Posto ciò, che, come dicevo, discende per necessità logica da quella proposizione: c’è un nesso intimo tra la religione e la morale; a quale di queste due si dovrà egli attribuire quell’integrità, quel contener tutta l’altra, e, per conseguenza, la facoltà di darle il compimento che le manca nella cognizione umana? La risposta è troppo ovvia; poichè, independentemente da ogni esame e da ogni paragone, sarebbe assurdo a priori il supporre che Dio, con l’aggiungere all’uomo delle cognizioni soprannaturali, non gli abbia dato che una parte di ciò che gli avesse già dato interamente per mezzo della ragione, o di ciò che con questo mezzo, l’uomo potesse acquistar da sè.

Dunque una religione rivelata da Dio, impadronendosi della morale, non leva nulla alla ragione data all’uomo da quel Dio medesimo, i doni del quale non sono soggetti a pentimentonota. Non fa altro che darle, darle abbondantemente, darle il tutto, darle, in una certa maniera, anche quel tanto che essa aveva già, col renderlo compito e inconcusso. Di quelle sante e solenni parole che sono come la parte essenziale del vocabolario morale di tutti i tempi e di tutti i luoghi — giustizia, dovere, virtù, benevolenza, diritto, coscienza, premio, pena, bene, felicitànota, — nota quale, Dio bono! è stata cancellata o lasciata fuori dalla Chiesa? La Chiesa non fa altro, che aggiunger loro la pienezza e, con questo, la chiarezza e la stabilità del significato. Il mondo le ripeteva a una a una come piene di verità, con una fiducia più fondata di quello che intendesse lui medesimo; 1 2

  1. Sine poenitentia enim sunt dona et vocatio Dei., Ad Rom. XI, 29.
  2. Non ho citata, tra queste, la parola «libertà» o «libero arbitrio» perchè, quantunque il suo significato sia essenzialissimo al concetto della morale, è parola più della scienza, che dell’uso comune. Questo fa, se è possibile, più che pronunziarla, col sottintenderne il valore in ogni approvazione, in ogni biasimo, in ogni giudizio sul merito e sul demerito di qualunque azione e affezione umana. Essendo questa libertà un fatto noto per intima esperienza, l’uomo non scienziato non s’immagina neppure che alcuno lo possa mettere in dubbio; e quindi non ha il bisogno nè l’occasione di rappresentarselo alla mente in astratto, e di nominarlo. E come mai potrebbe immaginarsi una cosa simile, quando sente tutte le persone con cui gli occorre di tener discorso, esprimere, secondo il caso, o l’approvazione, o il biasimo, giudizi che implicano la libertà della scelta? Come potrebbe indovinare che tra quelle persone (giacchè coloro che negano il libero arbitrio, fanno in ciò nè più nè meno degli altri) ce ne siano alcune che