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448 osservazioni sulla morale cattolica

una parte la parola eterna, e s’avvilupperà ne’ discorsi dell’uomo, per riuscire a trovare forse che la virtù è più ragionevole del vizio, forse che Dio dev’essere adorato e ubbidito, forse che bisogna amare i suoi fratelli? Il Verbo avrà assunta questa carne mortale, e attraversate l’angosce ineffabili della redenzione, per meritare alla società fondata da Lui un posto tra l’accademie filosofiche? La Chiesa che, co’ suoi primi insegnamenti, può innalzare il semplice, il quale ignora perfino che ci sia una filosofia morale, al più alto punto, non di questa filosofia, ma della morale medesima; a quel punto a cui si trova un Bossuet dopo aver percorso un vasto circolo di meditazioni sublimi; l’abbandonerà a sè stesso, affinchè prenda, se può, la strada del ragionamento, che può condurre a cento mete diverse? Stanco e smarrito, l’uomo si rifuggirà alla città collocata sul monte1, e questa non gli darà asilo? Affamato di giustizia e di certezza, d’autorità e di speranza, ricorrerà alla Chiesa, e la Chiesa non gli spezzerà quel pane che si moltiplica nelle sue mani? No: la Chiesa non tradisce così i suoi figli: noi non possiamo temere d’essere abbandonati da lei: non ci resta che il timore salutare che possiamo abbandonarla noi: un tal timore non deve che accrescere la nostra fiducia in Chi ci può tenere attaccati a questa colonna e fondamento della verità2. Dimentichiamo diciotto secoli di esistenza, di successione di pastori e di sommi pastori, di continuazione nella stessa dottrina: diciotto secoli ne’ quali si contano tante persecuzioni e tanti trionfi, tante separazioni dolorose e non una sola transazione: che abbiamo noi bisogno d’esperienza? I primi fedeli non l’avevano, e hanno creduto: bastò loro la parola di quel Dio per cui mille anni sono come il giorno di ieri che è passato3.

A rischio di cadere in qualche ripetizione, chiedo il permesso d’insistere un poco ancora sopra un argomento così importante.

La scienza morale puramente umana, appunto perché scienza umana, è naturalmente defettiva e incompleta. Perciò il Creatore, che abbandonò l’altre alle dispute de’ figliuoli degli uomini4, volle per questa, non dirò eminente tra tutte, ma unica; per questa che, avendo per fine, non solo d’accrescere cognizione all’intelletto, ma di dirigere la volontà in ogni suo atto, riguarda tutto l’uomo5; volle, dico, aggiungere al lume della ragione con cui l’aveva distinto da tutte le creature terrestri, un soprannaturale e positivo insegnamento; e se, riguardo all’altre scienze, gli aveva dato con la ragione medesima un mezzo di discernere, di raccogliere e d’ordinare un certo numero di verità, volle, riguardo a questa, rivelare al mondo tutta la verità6. Quindi la morale religiosa, chi non voglia negarla, non si può concepire altrimenti che come il perfezionamento della morale naturale. E appunto perchè l’illustre autore, lungo dal negare la relazione di questa con la religione, la pone espressamente, quella conseguenza viene necessariamente dalle sue parole.

Infatti, il dire che c’è un nesso intimo tra la religione e la morale, è dire (per quanto la formola sia astratta) in primo luogo, che tra di esse non c’è opposizione, giacchè nella proposizione stessa sono date implicitamente come vere tutt’e due; è dire in secondo luogo, che una di esse ha qualcosa che manca all’altra; giacchè, se comprendessero tutt’e due un

  1. Non potest civitas abscondi sopra montem posita., Matth. V, 14
  2. Ecclesia Dei vivi, columna et firmamentum veritatis., 1 ad Timoth. III, 15.
  3. Quoniam mille anni ante oculos tuos tamquam dies hesterna quae praeteriit., Ps. LXXXIX, 4
  4. ...mundum tradidit disputationi eorum., Eccles III, 11.
  5. Deum time, et mandata eius observa: hoc est enim omnis homo., Ibid. XII; 13.
  6. Cum autem venerit ille Spiritus veritatis, docebit vos omnem veritatem., Ioan. XVI, 13.