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426 | al lettore |
razione: deve condurre, non a ricevere piuttosto alcune nozioni che alcune altre, ma a scegliere un partito; poichè, se la morale che la Chiesa insegna, portasse alla corruttela, converrebbe rigettarla. Questa è la conseguenza che gl’Italiani dovrebbero cavare da quel complesso di ragionamenti. Io credo che un tale effetto sarebbe per i miei connazionali la più grande sventura: quando si sente d’avere sopra una questione di questa sorte un parere ragionato, l’esporlo può essere un dovere: non ci sono doveri ignobili.
Il lettore troverà qualche volta che la confutazione abbraccia più cose che l’articolo confutato: in questo caso, lo prego d’osservare che non intendo d’attribuire all’illustre autore più di quello che abbia espressamente detto; ma ho creduto che l’unica maniera d’arrivare a un resultato utile, fosse di trattare la questione più in generale; e in vece di difendere in un articolo di morale la sola parte controversa, indagare la ragione del tutto, poichè è questo che importa di conoscere, è questo che bisogna interamente ricevere o rifiutare. Ho tenuto tanto più volentieri questo metodo, perchè si veda meglio, che il mio scopo è di stabilire delle verità importanti e che la confutazione è tutta subordinata a questo.
Notare in un’opera di gran mole e di grand’importanza quello che si crede errore, e non far cenno dei pregi che ci si trovano, non sarà forse ingiustizia, ma mi pare almeno scortesia: è rappresentare una cosa che ha molti aspetti, da uno solo, e sfavorevole. Non dovendo citare la Storia delle Repubbliche Italiane se non per contradire a una parte di essa, prendo qui l’occasione d’attestare brevemente la mia stima per tant’altre parti d’un’opera, il più piccolo merito della quale sono le laboriose e esatte ricerche, che formano il principale di tant’altre di simil genere; d’un’opera originale sopra una materia già tanto trattata; e originale appunto perchè è trattata come dovrebbero essere tutte le storie, e come pochissime lo sono. Accade troppo spesso di leggere, presso i più lodati storici, descrizioni di lunghi periodi di tempi, e successioni di fatti vari e importanti, senza trovarci quasi altro che la mutazione che questi produssero negl’interessi e nella miserabile politica di pochi uomini: le nazioni erano quasi escluse dalla storia. L’intento di rappresentare, per quanto si può, in una storia lo stato dell’intera società di cui porta il nome, intento, si direbbe quasi, novo, è stato in questa applicato a una materia vasta e, pur troppo, complicatissima, ma d’una bella e felice proporzione: i fatti sono in essa vicini di tempo e di natura tanto da poterli con chiarezza e senza stento confrontare con le teorie che gli abbracciano tutti, e queste teorie sono assai estese, senza arrivare a quell’indeterminato, che mette bensì lo storico al coperto delle critiche particolari, perchè rende quasi impossibile il trovare gli errori, ma che lascia il lettore in dubbio se quella che gli è presentata sia un’osservazione vera e importante, o un’ipotesi ingegnosa. Senza ricevere tutte le opinioni dell’illustre autore, e rifiutando espressamente quelle che dissentono dalla fede e dalla morale cattolica, non si può non riconoscere quante parti della politica, della giurisprudenza, dell’economia e della letteratura siano state da lui osservate da un lato spesso novo e interessante, e, ciò che più importa, nobile e generoso; quante verità siano state da lui, per dir così, rimesse in possesso, ch’erano cadute sotto una specie di prescrizione, per l’indolenza o per la bassa connivenza d’altri storici, che discesero troppo spesso a giustificare l’ingiustizia potente, e adularono perfino i sepolcri. Egli ha voluto quasi sempre trasportare la stima pubblica dal bon successo alla giustizia: lo scopo è tanto bello, che è dovere d’ogn’uomo, per quanto poco possa valere il suo suffragio,