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Vi nascerà egli il sospetto, che anche questo sistema, sotto un’apparenza (che sarebbe straordinaria davvero, se non fosse altro che un’apparenza) d’universalità e di connessione, nasconda un suo vizio capitale? L’autore medesimo v’avrà indicati i mezzi i più pronti e più sicuri, per coglierlo in fallo; e v’avrà singolarmente addestrato a servirvene. Fate con lui ciò che l’avrete visto fare con gli altri. Vedete se potete trovare qualcosa d’anteriore a ciò che pone per primo, qualcosa al di fuori di ciò che pone per universale, qualche possibilità di dubbio contro ciò che stabilisce per fondamento d’ogni certezza; vedete se il criterio col quale ha resa manifesta la deficienza degli altri sistemi, lo applica rigorosamente al suo; se dà risposte chiare, dirette, adequate, alle domande che ha fatte ad essi inutilmente. Quelli che dà per fatti comuni dello spirito umano, e sui quali si fonda, non glieli passate, se non dopo esservi accertato che siano fatti davvero; e per accertarvene, non avete bisogno, che di guardar bene al di dentro di voi medesimo. State attenti, a ogni novo passo che vuol farvi fare, se non assume qualcosa di più di quello che abbiate già dovuto riconoscere. Badate se qualcosa che abbia affermato in un luogo dove gli tornava bene, non trascuri o non schivi di farsene carico, dove gli darebbe noia. Volgete in somma contro di lui quella critica vigilante e inesorabile, della quale v’ha dati esempi così ripetuti e così variati: esempi insigni particolarmente in quella parte più elevata e più difficile della critica, che consiste nello scoprire l’omissioni. Ma se l’esperimento non fa altro che rendervi più manifesta la verità della dottrina, congaude veritati.
E non vi fa specie che una tale filosofia sia ancora lontana dall’essere generalmente ricevuta, anzi non vada acquistando, se non lentamente, passo passo, quella celebrità che parrebbe esserle dovuta, se non altro, per la grandiosità dell’assunto, e per la corrispondente vastità del lavoro?
Credo anzi, che parrà una cosa naturalissima anche a voi, quando, conoscendola, avrete potuto osservare le difficoltà speciali che oppone essa medesima a suoi progressi e alla sua diffusione. In verità, ha delle pretensioni un po’ singolari. Richiede, prima di tutto, una gran libertà d’intelletto, un fermo proposito d’osservare le cose quali sono in sè, e independentemente da ogni abitudine non ragionata, da ogni opinione troppo docilmente ricevuta. E pensate quanto strana deva parere quella parola «siate liberi,» a uomini che si credono tali per eccellenza. Rispondono sdegnosamente: Nemini servivimus unquam; e voltano le spalle. Quelle abitudini poi, e quelle opinioni fanno trovare un’oscurità apparente nelle cose più chiare per sè, e perfino della stranezza nelle più certe, comuni e necessarie. Si dice: non intendo; si dice: non me lo farà credere; e addio quella filosofia
De me
Fabula narratur.
E di me e di molti e poi molti. Un’altra legge durissima che questa filosofia vi vuole imporre, è quella d’andar rilenti nel concludere. V’invita a osservare, cioè a percorrere una serie d’osservazioni, ognuna delle