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primo.

E che perciò? Vorreste forse dire che l’idea di esso sarebbe meno semplice? Siamo ancora al di qua dell’uscio. Non è per essere idea d’un meramente possibile o d’un reale, d’un semplice o d’un composto, che l’idea è semplice; è per essere idea. Il botanico che decompone realmente un fiore reale, per acquistarne un’idea più compita, e accompagna, anzi dirige col pensiero la sua operazione materiale, sarebbe accomodato bene se, volendo paragonare la nova e più ricca idea con l’anteriore, questa non la trovasse più, perchè fosse stata fatta in pezzi, e sparpagliata qua e là, insieme col fiore reale. Eh via! Ingrato che siete. In vece di negare all’idea i suoi innegabili attributi, dovreste ringraziarla inginocchioni, che, rimanendovi presente, nella sua immortale semplicità, vi dia il mezzo, l’unico mezzo di riconoscere, in tanti pezzetti di materia, le parti d’un tutto che non è più. Anzi l’unico mezzo per poter dire a voi stesso: ho notomizzato un fiore.

secondo.

Ma allora ci sarebbero idee semplici di cose composte.

primo.

S’intende.

secondo.

E non c’è contradizione?

primo.

Contradizione nel fatto? Le cose materiali sono composte: tant’è vero, che si decompongono. L’idee sono semplici; tant’è vero, che, quando vi siete immaginato d’aver decomposta un’idea, trovate di non aver fatto nulla. Noi abbiamo idee di cose materiali. Potete negare nessuna di queste proposizioni?

secondo.

E come si può conciliarle?

primo.

Bella questione e, anch’essa, non estranea, ma neppur necessaria alla nostra. Tutte le soluzioni, chi ci stia sopra, dopo essersene servito all’intento per cui le cercava, conducono a de’ novi problemi, fino a quelle altissime che, trovate da intelletti privilegiati, li lasciano, dirò così, appiedi d’un mistero incomprensibile e innegabile, lieti del vero veduto, lieti non meno di confessare un vero infinito. E questo esser costretti a spezzare lo scibile in tante questioni; questo vedere come tante verità nella verità che è una, e in tutte vedere la mancanza, e insieme la possibilità, anzi la necessità d’un compimento; questo spingerci, lasciatemi dire ancora, che fa ognuna di queste verità verso dell’ altre; questo ignorare, che pullula dal sapere, questa curiosità che nasce dalla scoperta, come è l’effetto naturale della nostra limitazione, è anche il mezzo per cui arriviamo a riconoscere quell’unità che non possiamo abbracciare. Sicchè tanto meglio se queste nostre chiacchiere vi lasciano la curiosità di conoscere più di quello che richiede la nostra questione, e soprattutto, di quello che potrei dirvi io. Vuol dire che studieremo filosofia insieme. Intanto dobbiamo osservare se le soluzioni richieste dall’argomento, anche lasciandoci delle curiosità, non ci lasciano però alcun dubbio; dobbiamo assicurarci che i fatti siano certi e provanti, senza curarci per ora come si possano, anzi neppure se si possano spiegare; e arrivar così, per una strada angusta ma sicura, alla soluzione finale della nostra que-