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d’averle intese, prima d’intenderle davvero; quanto ci voglia a imparare ciò che si sa di più; chi non ci sia arrivato da sè.
Codesto è un mistero che mi spiegherete poi.
Si spiegherà da sè, se non vi secca d’andare avanti.
Anzi, ci ho preso gusto. Son io ora, che voglio andare avanti; o piuttosto tornare indietro, per rivedere i conti. Sono stato un sempliciotto io a lasciarmi mettere tra quel dilemma: o creare, o trovare. Sicuro che, una volta lì, tra il dire o uno sproposito enorme, o ciò che volete voi, avete fatto di me a modo vostro. Dovevo dire, e lo dico ora, che l’artista nè crea, nè trova, ma mette insieme, compone.
L’idea?
Perchè no?
Perchè l’idee sono semplici.
Qui poi ho il fatto per me. Potrebbe l’artista ideare il suo fiore, se non avesse mai visto fiori, o almeno se non avesse mai visto nè forme corporee, nè colori?
No di certo; ma, di novo, non intralciamo la questione con altre questioni, tutt’altro che estranee, ma non necessarie. Vediamo il fatto che fa per voi.
Viene appunto di lì. Per aver visto forme e colori, e in ispecie per aver visto fiori, il nostro artista può prendere da un fiore reale la forma, per esempio, de’ petali del suo fiore, da un altro il colore, da un altro la disposizione, e così del rimanente. Non voglio dire che prenda ogni cosa da fiori reali. Potrà anche inventare una forma di petali, di foglie, che non sia quella di nessun petalo, di nessuna foglia reale. E allora, vedo bene anch’io, che fa un’operazione diversa. Ma cosa fa? Deduce il verosimile dal vero; imita la natura, senza copiarla. E dedurre, imitare, non è nè creare, nè trovare.
Non sarà meglio che vediamo una cosa alla volta?
Così l’intendo. E dunque, al comporre cosa ci avete a dire?
Che bisogna venire all’esperimento, come nella storia delle mutazioni di dianzi.
All’esperimento? Ma il poco che ho detto io ora (e vedete quanto ci si potrebbe aggiungere) non è l’esperimento medesimo?