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niente come l’esperimentare. Provate voi a fare una di queste operazioni, e poi dimostratemi che avete mutata l’idea.

secondo.

Mi pare che non ci sia nulla di più facile. Ecco: sono io l’artista; mi piaceva il fiore come l’aveva ideato, ma, ripensandoci, trovo che c’è una foglia che non fa bon effetto; e gliela levo.

primo.

E vi pare d’aver mutata l’idea?

secondo.

No?

primo.

Vi dico che bisogna dimostrarmelo. E come fate a dimostrarmi che, dopo codesta operazione, l’idea non è più quella?

secondo.

Oh bella! confrontandola, con l’idea di prima.

primo.

Con l’idea di prima? C’è dunque ancora l’idea di prima?

secondo.

.... Che me l’aveste fatta?

primo.

C’è, tale quale, a capello, a un puntino, poichè ve ne servite per dimostrare che quest’altra è diversa.

secondo.

Quando vi dico che me l’avete fatta.

primo.

Certo, se vi fosse riuscito di levarle quella fogliuzza, il gioco era fatto; l’idea era bell’e mutata. Ma come si fa a levare una foglia a un’idea, quando l’idea era belle mutata. Ma come si fa a levare una foglia a un’idea, quando l’idee non hanno foglie?

secondo.

Ma se vi dico che insisto.

primo.

Tutta la vostra operazione, riguardo a quell’idea, fu di rimovere il pensiero da essa, per rivolgerlo a un’altra. Avete mutato idea; non avete mutata l’idea.

secondo.

Volete finirla?

primo.

Non già che tutte quelle mutazioni non siano possibili. Sono possibilissime, ma nelle cose. Il male è che l’idee non sono cose. Tutto lo scandolo viene di lì.

secondo.

Ho inteso, ho inteso, ho inteso.

primo.

Videbimus infra. Lo so io, e per mia propria esperienza, come v’ho già detto, lo so io, certe verità troppo evidenti, quante volte bisogna credere