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DELL'INVENZIONE
Quod alicui adesse et adesse potest,
esse aliquid dabunt?
Plato, in Sophista.
DIALOGO.
Andato stamani da un mio giovine amico, per far quattro chiacchiere, lo trovai che disputava con un suo coetaneo e amico di confidenza; come anch’io, per quanto lo permette la differenza dell’età, posso dirmi amico di confidenza di tutt’e due. Noto questa particolarità, affinchè il tono del dialogo non paia strano, come sarebbe certamente tra persone di semplice conoscenza. Entrando, sentii che il padrone di casa diceva: No, no; non vo avanti, se non si scioglie questo nodo.
Miracolo! diss’io: e su cosa si disputa questa volta?
Mera questione di parole, rispose l’altro: si parlava d’arti; e mi scappò detto che il poeta, e più in generale l’artista, crea. Lui, con un viso serio, tentenna la testa; come se ci fosse bisogno di negare ciò che nessuno ha voluto dire. È una maniera di parlare, che corre senza contrasto. Sicuro che, se uno la prende a rigor di termine, non c’è il verso di sostenerla; e potete credere che non mi son fatto pregare a ritrattarla. Ma lui che, da quando s’è messo a legger libri di filosofia, cerca sempre il pelo nell’ovo, non è contento, come avete potuto sentire.
Giudicate voi, disse il primo, rivolgendosi a me, anche lui... Ma qui, ne Inquam et Inquit sæpius interponeretur, li metterò in scena addirittura, serbando a questo il nome di Primo, che m’è uscito occasionalmente dalla penna, e dando, per analogia, all’altro quello di Secondo: che guai a me se mettessi in piazza i loro nomi veri.
Giudicate voi. Per qualificare l’operazione propria dell’artista, mi dà una parola che, certamente, non se ne saprebbe immaginare una più efficace. Il male è che non fa al caso; e lui, non c’è che dire, l’ha ritrattata subito. Ma intanto ha promossa una questione interessantissima; e poi me la vuol lasciare in aria. Mette in campo: cosa faccia l’artista; e vuole ch’io mi contenti, quando m’ha detto cosa non fa. No, davvero: non posso andar avanti a ragionare su quell’operazione, se non so che