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atto quinto. 275


matilde.


Oh giorno!

antonietta.


                    Ognun parea minor di lui;
L’aria sonava del suo nome; e noi
Scevre dal volgo, in alto loco intanto
Contemplavam quell’uno in cui rivolti
Eran tutti gli sguardi: inebbriato
Il cor tremava, e ripetea: siam sue.
Felici istanti!

antonietta.


                              Che avevam noi fatto
Per meritarli? A questa gioia il cielo
Ci trascelse tra mille. Il ciel ti scelse,
Il ciel ti scrisse un sì gran nome in fronte;
Tal don ti fece, che a chiunque il rechi,
N’andrà superbo. A quanta invidia è segno
La nostra sorte! E noi dobbiam scontarla
Con queste angoscie.

matilde.


                                        Ah! son finite... ascolta;
Odo un batter di remi... ei cresce... ei cessa.
Si spalancan le porte... ah! certo ei giunge:
O madre, io vedo un armatura; e lui.

antonietta.


Chi mai saria s’egli non fosse?... O sposo...

(va verso la scena).



SCENA III.

GONZAGA, e dette.

antonietta.


Gonzaga!... ov’è il mio sposo? ov’è... Ma voi
Non rispondete? Oh cielo! il vostro aspetto
Annunzia una sventura.

gonzaga.


                                        Ah che pur troppo
Annunzia il vero!

matilde.


                              A chi sventura?