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atto primo. 21

                       adelchi.
                                    Ah! nostro
È il tuo dolor, nostro l’oltraggio.

                       desiderio.
                                          E nostro
Sarà il pensier della vendetta.

                      ermengarda.
                                  O padre,
Tanto non chiede il mio dolor; l’obblio
Sol bramo; e il mondo volentier l’accorda
Agl’infelici; oh! basta; in me finisca
La mia sventura. D’amistà, di pace
Io la candida insegna esser dovea:
Il ciel non volle: ah! non si dica almeno
Ch’io recai meco la discordia e il pianto
Dovunque apparvi, a tutti a cui di gioia
Esser pegno dovea.

                       desiderio.
                            Di quell’iniquo
Forse il supplizio ti dorria? quel vile,
Tu l’ameresti ancor?

                      ermengarda.
                             Padre, nel fondo
Di questo cor che vai cercando? Ah! nulla
Uscir ne può che ti rallegri: io stessa
Temo d’interrogarlo: ogni passata
Cosa è nulla per me — Padre, un estremo
Favor ti chieggio: in questa corte, ov’io
Crebbi adornata di speranze, in grembo
Di quella madre, or che farei? ghirlanda
Vagheggiata un momento, in su la fronte
Posta per gioco un dì festivo, e tosto
Gittata a’ piè del passeggiero. Al santo
Di pace asilo e di pietà, che un tempo
La veneranda tua consorte ergea,
— Quasi presaga — ove la mia diletta
Suora, oh felice! la sua fede strinse
A quello Sposo che non mai rifiuta,
Lascia ch’io mi ricovri. A quelle pure
Nozze aspirar più non poss’io, legata
D’un altro nodo; ma non vista, in pace
Ivi potrò chiudere i giorni.

                       adelchi.
                                Al vento
Questo presagio: tu vivrai: non diede
Così la vita de’ migliori il cielo