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256 il conte di carmagnola


marco.


               Io so davanti a chi mi trovo.
Sta la mia vita in vostra man, ma il mio
Voto non già: giudice ei non conosce
Fuor che il mio cor; nè d’altro esser può reo
Che d’avergli mentito. A darne conto
Pur disposto son io.

marino.


                                        Tutto che puote
Por la patria in periglio, essere inciampo
All’alte mire sue, dargli sospetto,
È in nostra man. Perchè ci siate or voi,
Se nol sapete, se mostrar vi giova
Di non saperlo, uditelo. Per ora
D’oggi si parli; non vogliam di tutta
La vostra vita interrogar che un giorno.

marco.


E che? fors’altro mi si appon? Di nulla
Temer poss’io; la mia condotta...

marino.


                                                            È nota
Più a noi che a voi. Dalla memoria vostra
Forse assai cose ha cancellato il tempo:
Il nostro libro non obblia.

marco.


                                                  Di tutto
Ragion darò.

marino.


                         Voi la darete quando
Vi fia chiesta. Non più: quando il Senato
Diede il comando al Carmagnola, a molti
Era sospetta la sua fede; ad altri
Certa parea; potea parerlo allora.
Ei discioglie i prigioni; insulta i nostri
Mandati, i nostri pari; ha vinto, e perde
In perfid’ozio la vittoria. Il velo
Cade dal ciglio ai più. Nel suo soccorso
Troppo fidando, il Trevisan s’innoltra
Nel Po, le navi del nemico affronta;
Sopraffatto dal numero, richiede
Al Capitan rinforzo, e non l’ottiene.
Freme il Senato; poche voci appena
S’alzano ancor per lui. Cremona è presa,
Basta sol ch’ei v’accorra; ei non v’accorre.
Giunge l’annunzio oggi al Senato: alfine
Più non gli resta difensor che un solo: