Profugo, o condottiero. O come il vecchio
Guerrier nell’ozio i giorni trar, vivendo
Della gloria passata, in atto sempre
Di render grazie e di pregar, protetto
Dal braccio altrui, che un dì potria stancarsi
E abbandonarmi; o ritornar sul campo,
Sentir la vita, salutar di nuovo
La mia fortuna, delle trombe al suono
Destarmi, comandar; questo è il momento
Che ne decide. Eh! se Venezia in pace
Riman, degg’io chiuso e celato ancora
In questo asil rimaner, siccome
L’omicida nel tempio? E chi d’un regno
Fece il destin, non potrà farsi il suo?
Non troverò tra tanti prenci, in questa
Divisa Italia, un sol che la corona,
Onde il vil capo di Filippo splende,
Ardisca invidiar? che si ricordi
Ch’io l’acquistai, che dalle man di dieci
Tiranni io la strappai, ch’io la riposi
Su quella fronte, ed or null’altro agogno
Che ritorla all’ingrato, e farne un dono
A chi saprà del braccio mio valersi?