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capitolo quinto | 187 |
biam detto? e questi erano giusti o ingiusti? frivoli o importanti? Si decida questo, e poi si cerchi pure se i papi pensarono ad approfittarsi dell’angustie d’un popolo infelice e dell’amicizia de’ re Franchi, per acquistare un dominio; e quando si trovi che la fu così (supposizione, del resto, non autorizzata per nulla dal carattere conosciuto di que’ papi), si dica pure che il bene che fecero ai Romani loro coetanei, non venne da un sentimento purissimo di virtù disinteressata. Ecco tutto: resterà che la loro ambizione gl’indusse a salvare una moltitudine dall’unghie atroci delle fiere barbariche, e a risparmiarle de’ mali spaventosi. Quando l’ambizione produce simili effetti, si suol chiamarla virtù: questo è troppo; ma perchè in questo caso, buttarsi all’eccesso opposto? Che si compianga una popolazione ridotta all’alternativa o di cadere sotto un potere nemico, o di mantenersi sotto la protezione d’un potere protetto, è una cosa che s’intende benissimo; ma che si prenda parte per il primo, sarebbe strano, se in fatto di giudizi sulla storia non si dovesse esser avvezzi a tutto.
Ci sia permesso di trascrivere qui alcuni passi del Giannone sulle cagioni della discordia tra Adriano e Desiderio, e di proporre questi passi come un esempio solenne della stranezza d’idee e d’espressioni alla quale può arrivare, delle contradizioni in cui può cadere, uno storico parziale.
«Era intanto, morto Stefano, stato eletto nel 772 Adriano I, il quale sul principio del suo Pontificato trattò con Desiderio di pace, e tra loro fermarono convenzione di non disturbarsi l’un coll’altro; perciò Desiderio credendo, che questo nuovo Pontefice fosse di contrarj sentimenti de’ suoi predecessori, pensò per meglio agevolar i suoi disegni, d’indurlo a consecrare i due figliuoli di Carlomanno per Re.... Ma Adriano che internamente covava le medesime massime de’ suoi predecessori, e che non meno di coloro aveva per sospetta la potenza de’ Longobardi in Italia, non volle a patto alcuno disgustarsi il Re Carlo, ed, a’ continui impulsi, che gli dava Desiderio, fu sempre immobile 1.»
Che, per essersi Adriano impegnato a non disturbar Desiderio, si dovesse credere che avrebbe acconsentito a una tale richiesta, è una cosa tanto fuori di proposito, che non può esser venuta in mente nemmeno a Desiderio re longobardo, ambizioso, interessato, irritato contro Carlo. Credeva bensì che avrebbe acconsentito per paura: era una previsione sbagliata, ma non una così pazza conseguenza. Che una conseguenza simile l’abbia tirata uno storico, e uno storico rinomato, è una cosa che bisogna credere perchè si vede. Adriano, secondo lui, avrebbe dovuto dire a que’ Franchi che, per la divisione di Pipino, ma col loro consenso 2, avevano avuto per re Carlomanno: — Questi due bambini sono i vostri re. Voi altri, in vigore delle vostre consuetudini, n’avete eletto un altro; e potete aver avuto de’ buoni motivi per riunirvi di novo in un gran regno, e sotto un giovine che dà qualche speranza di sè. Ma i vostri motivi e le vostre consuetudini non reggono contro una mia volontà. Il re Desiderio m’ha fatto dire che dovevo assolutamente venire a questa risoluzione; e avendogli io promesso di non disturbarlo, vedete bene che non potevo dirgli di no. Io dispongo de’ regni, e lui di me; sicchè abbiate pazienza.—