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appendice al capitolo quarto 171

inchiude sempre la nozione d’uomo riguardevole, primario tra quelli del suo paese 1.

E non è più certo il significato preciso e speciale del nobilium usato da Paolo. Può riferirsi a nascita, o ad antiche dignità, o anche a sostanze. Ma, o direttamente, o per sottinteso, a questo si riferisce di sicuro. Que’ nobili erano ricchi, poichè furono scannati per cupidigia, ed erano per conseguenza di quelli che pagavano il terzo. Ed ecco la relazione di quel nobilium col reliqui che vien dopo; molti dei principali e più distinti possessori romani furono messi a morte; tutti gli altri che, come loro, e insieme con loro, erano stati tassati al terzo dell’entrata, furono fatti servi: e questi e quelli per impossessarsi de’ loro beni, come lo storico fa intendere, senza dirlo espressamente.

Se poi ogni Longobardo sia diventato padrone della porzione di fondo sulla quale gli fosse stato prima assegnato il terzo de’ frutti, o se sia stata fatta tra i Longobardi un’altra qualunque divisione, delle terre; toccandone in ogni caso una parte grossissima a ogni duca, e una grossa a ognuno degli altri Longobardi qualificati e distinti dalla moltitudine gregaria degli arimanni, è un punto sul quale non si potrebbe far altro che tirare a indovinare. In quanto al grado di servitù nel quale siano stati costituiti i possessori non ammazzati, la denominazione di tributarii può far congetturare che non fosse l’infimo. In mano di quali padroni siano caduti, se dei duchi soli, o anche d’altri Longobardi, non mi pare che si possa riuscire a saperlo più di quello che si sappia che fine per l’appunto abbiano fatta que’ tanti che furono condotti via schiavi da Agilulfo nella sua spedizione contro Roma 2; que’ molti più che Rotari ridusse in servitù, nella conquista della Liguria 3; quelli che Desiderio portò via, insieme col bestiame, da Blera, e (somiglianza notabile) dopo aver fatto strage de’ primati 4. Turbæ servientium immixti sunt 5. E non sono poche l’altre cose che dobbiamo disperar di conoscere intorno al modo speciale de’ due fatti non meno dolorosi, di cui trattiamo: fatti de’ quali l’essenza medesima è così succintamente, e per noi ambiguamente accennata in quell’unico tra i documenti venuti a noi, dove ne sia fatta espressa menzione.

Rimane ora da vedere se l’interpretazione proposta non sia contradetta da documenti relativi a tempi posteriori. E in quanto all’essere il tributo stato imposto

    Franc., T. II, pag. 13. Anche dal poco che, dicono le leggi di questi conquistatori par che si possa indurre che furono divisi solamente i poderi considerabili, e appartenenti a padroni non contadini. Ai Burgundi fu assegnato il terzo degli schiavi, i due terzi de’ campi (Leg. Burg. Tit. 51, 1. 1) e la metà delle corti e de’ pomari (Ibid. 1. 3). Curtis significava per lo più tutte le case e gli altri edifizi d’una fattoria. V. Ducange.

  1. V. Ducange, ad h. v. Lo stesso Mario, parlando, all’anno 538, della resa di Milano ai Goti e ai Burgundi loro ausiliari, dice: ibique Senatores et Sacerdotes cum reliquis populis etiam in sacrosancta loca interfecti sunt. Loc. cit.. pag. 16.
  2. Alios in captivitatem duci, alios detruncari, alios interfici videmus. S. Greg. in Ezech. Lib. II, Homil. VI, 22; ibid. Hom. X, 24.
  3. V. il passo di Fredegario, citato nell’appendice antecedente. Paolo, come osservò molto a proposito il signor Troya (§ LXXVII), non fa altro che accennar brevemente la conquista, senza dire una parola del come furono trattati i vinti. Igitur Rothari rex, Romanorum civitates ab urbe Tusciae Lunense universas quae in littore maris sitae sunt, usque ad Francorum fines cepit. IV, 47.
  4. Nam in civitatem Bleranam dirigens generalem exercitum partium Tusciae, dum ipsi Blerani in fiducia pacis ad recolligendas proprias segetes cum mulieribus et filiis atque famulis egrederentur, irruperunt super eos ipsi Langobardi, et cunctos primates, quanti utiliter in civitate erant, interfecerunt, et praedam multam tam de hominibus, quam de peculiis abstulerunt, ferro et igne cuncta in circuitu devastantes. Anast. Bibl.; Rer. It., T. III, pag. 182.
  5. Tacit., Agric. 40.