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170 discorso storico

tentano ridurli all’ultimo grado d’impotenza. In verità, non deve parer duro l’intender qui il tributarii in significato di servi, quando si pensa che il suo corrispondente è interfecti. È il caso d’applicare la nota etimologia: servi, qui servati sunt, quum eos occidere oporteret jure belli 1. Se non che qui era jure cupiditatis: il diritto col quale erano stati levati dal mondo gli altri.

Ma chi furono precisamente quelli a cui, per grazia, e in vece della morte, toccò la servitù?

Il rimanente, risponde Paolo, se hanno alcun peso le ragioni che abbiamo addotte del doverlo interpretar così, il rimanente di quelli ch’erano stati assoggettati all’imposizione del terzo: reliqui per hostes divisi. E con ciò sarebbe venuto a dire indirettamente, ma chiaramente, che non tutti affatto i possessori c’erano stati assoggettati. E anche qui, ci pare che l’interpretazione proposta si trovi d’accordo con le circostanze del tempo.

È noto che, all’arrivo de’ Longobardi, le terre in Italia erano la più parte, e da molto tempo, divise in latifondi, sia tenuti a mano dal padrone, e coltivati da servi, sia affittati in piccoli pezzi a de’ contadini liberi, che pagavano una porzione de’ frutti. «È un fatto troppo evidente,» aveva detto Plinio, cinque secoli prima, «che i latifondi hanno rovinata l’Italia, e oramai anche le province. La metà dell’Affrica (romana) era in mano di sei padroni, quando Nerone li fece morire; e Pompeo si mostrò grande anche nel non aver mai voluto comprare un podere confinante 2.» Ed era una cosa che, fatta, doveva mantenersi, giacchè non c’erano allora cagioni che aiutassero la formazione di mediocri o di piccoli capitali, i quali, tentando la prodigalità, spesso bisognosa, di que’ gran possessori, potessero produrre lo smembramento delle loro vaste tenute. I piccoli possessi poi, ch’erano pure rimasti, dovevano trovarsi per lo più ne’ luoghi montuosi, dove, per più d’una ragione, si trovano quasi sempre. Ora, i Longobardi, ne’ primi tempi dell’invasione, e con progetti di nove invasioni, non poterono certamente spargersi in tutte le parti del territorio, ma dovettero tenersi come accampati nelle città o nelle vicinanze di esse: e non era ancora il tempo che arrivassero con gli ordini dove non erano con la presenza. Da un’altra parte, l’imposizione sui pochissimi piccoli poderi, che pure si trovassero nella parte del paese effettivamente dominata e abitata da loro, avrebbe dato più impicci che frutto; e principalmente su quelli che fossero lavorati dai padroni medesimi: che doveva essere il più di que’ pochissimi casi. È quindi probabile che l’imposizione sia caduta solamente sulle vaste tenute, ch’erano quasi il tutto, e dove la riscossione era insieme facile e abbondante, e il padrone più sotto la zampa. E un argomento di semplice analogia, ma non da trascurarsi in tanta scarsità di documenti su questo punto, è il fatto de’ Burgundi, de’ quali un cronista del secolo VI, e del paese, dice che «divisero le terre co’ senatori della parte delle Gallie occupata da loro 3Senator ebbe nel medio evo diversi significati, e non di rado oscuri o dubbi per noi; è però fuor di dubbio che

  1. Donat. ad Terent. Adelph. Il, 1, 28.
  2. Verumque confitentibus latifundia perdidere Italiam, jam vero et provincias. Sex domini semissem Africam possidebant, quum interfecit eos Nero princeps: non fraudando magnitudine hoc quoque sua Cn. Pompeio, qui nunquam agrum mercatus est conterminum. Plin., Nat. Hist., XVIII, 7, 3.
  3. Eo anno (466) Burgundiones partem Galliae occupaverunt, terrasque cum Galliis (leg. Galliae o gallicis) Senatoribus diviserunt. Marii Adventicensis Chron.; Rer. Gallic. et