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appendice al capitolo quarto 167

secolo 1, scriveva, non con eleganza, di certo, ma in grammatica; e se avesse voluto parlare d’un fatto solo, non si vede perchè, avendo messo prima persolverent, non avrebbe messo poi per corrispondente effecti sunt. Per aver ragione di supporre una tale sconcordanza, bisognerebbe che o l’altre espressioni del testo, o la verosimiglianza storica obbligassero a credere che si tratta d’un solo e medesimo fatto. Ma, se non c’inganniamo, quelle s’adattano benissimo all’interpretazione contraria; questa la vuole espressamente.

E in quanto alle prime, abbiamo detto solamente che s’adattano, perchè siamo ben lontani dal pretendere che tra le locuzioni hospites e tributarii ci fosse, nel latino del medio evo, un’opposizione diretta e costante; e l’argomento del resto non richiede tanto. Basta che in qualche caso, e caso a proposito, la prima servisse a significare una condizione esente da servitù, e l’altra una condizione servile; dimanierachè non deva parer punto strano che lo storico longobardico le abbia adoprate a distinguere appunto le due condizioni.

Nell’accennato Discorso della condizione dei Romani vinti da’ Longobardi, l’illustre signor Troya, supponendo con gli altri, che lo storico parli d’un fatto solo, vuole che le due locuzioni importino ugualmente servitù. E allega o accenna esempi dell’una e dell’altra; ma quelli che riguardano la locuzione hospites 2 non ci pare che in questo caso abbiano forza di prove. Che tra i vari significati di questa locuzione e di vari suoi derivati, si trovi anche questo, non se ne può dubitare; ma qui si tratta del significato che potesse avere quando fosse adoprata a indicare una relazione tra il Romano e il Barbaro conquistatore. Ora, dell’Hospes usato in questo senso, noi non troviamo che un solo esempio: quello de’ Burgundi, nelle leggi de’ quali è chiamato con quel nome e il Barbaro a cui ora stata assegnata in proprietà una parte delle terre del Romano, e il Romano medesimo. Esempio che non solo non favorisce l’interpretazione proposta, ma la contradice apertamente; giacchè, come è noto, il Romano, sotto la dominazione de’ Burgundi aveva conservata la libertà intera, e il pieno possesso delle terre lasciategli. Che se il non aver noi trovato di più dipendesse dal non aver saputo cercar bene; e ci si potesse far vedere che quel vocabolo fu usato in un tal senso o dagli Eruli, o dagli Ostrogoti, o da’ Visigoti, o da altri di simili generazioni, potremmo ancora dire con l’onorevole Rezzonico, che «non inchiude per nulla il concetto dello spoglio della proprietà, e della libertà personale 3;» poichè ciò non avvenne in alcuno di quei casi.

Quest’argomento, è vero, si fonda sulla supposizione che o la vera lezione sia: per hospites, o che il per hostes sia, riguardo alla significazione, tutt’uno. Ma se anche si vuole che una tale supposizione non abbia un fondamento bastante in quella semplice analogia; e che la formola per hostes divisi possa avere avuto un significato diverso (più facile, del resto, da immaginarsi che da trovarsi), l’altre espressioni che l’accompa-

  1. È noto che quello che ci rimane dell’opera di Festo: De verborum significatione, è un compendio del nostro Diacono. Se poi abbia fatto una cosa utile alle lettere, conservando così almeno una parte di quell’opera importante per la filologia, e non senza importanza per la storia, col renderne più facile la trascrizione; o se, con questa facilità medesima, sia stato cagione di far trascurare e perdere l’opera intera, chi lo potrebbe indovinare?
  2. § XXVII.
  3. Nelle brevi, ma dotte e sagaci Osservazioni intorno al Discorso di Carlo Troya, ecc. Art. I, 6.