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140 | discorso storico |
invece di ripeter tante volte quel nome che abitualmente indicava una sola specie di giudice. Ma c’è un argomento ancor più particolare e, dirò così, più aderente al fatto. Abbiamo un’altra legge, nella quale si trova la medesima proibizione di ricorrere al re prima d’andar dal giudice, e con la medesima multa, e in parte ne’ medesimi termini, e nella quale questo giudice è manifestamente il supremo. Ed è quella legge VI di Rachi medesimo, della quale abbiamo citato il principio poco fa; legge relativa, come s’è visto, agli «ammutinamenti, che nelle diverse città alcuni fanno contro il loro giudice.» In essa il legislatore viene a parlare delle facoltà che ognuno (o, come dice dopo, ogni Arimanno 1) aveva di ricorrere al re, non essendogli fatta giustizia dal giudice; e aggiunge: «Se però quell’Arimanno avrà mentito, e trattato frodolentemente, se sarà venuto a palazzo prima d’essere stato davanti al suo giudice, pagherà cinquanta soldi, metà al re e metà al suo giudice 2;» il quale è sempre quello di cui la legge ha parlato fin da principio. Ora, o si vuole che la legge novamente scoperta non sia altro che una ripetizione, un richiamo all’osservanza di quest’altra, e si dovrà credere che lo stesso termine abbia nelle due leggi lo stesso significato; o si vuole che sia una legge in parte diversa, e fatta appunto per estendere la proibizione a un maggior numero di casi; e allora come si spiega che il termine sia quel medesimo?
Noi, per dirla, non potremmo volere nè l’uno nè l’altro, giacchè crediamo, o almeno sospettiamo fortemente, che quella del codice Cavense non sia punto una nova legge, ma solamente una nova lezione. E la ragion principale di questo sospetto è che le due parti eterogenee di cui è composta, come abbiamo accennato, sopra, non fanno in sostanza altro che ripetere cose già prescritte in due diverse leggi già conosciute e, ciò che è più, in due leggi vicine. S’è visto in questo momento quanto la prima parte somigli alla fine della legge VI di Rachi: la seconda somiglia di più, anche materialmente, al principio della VII di Rachi medesimo 3.
- ↑ Intorno alla nozione intera e precisa di questo vocabolo, gli eruditi differiscono in qualche parte: il più noto e il più certo è che comprendeva le qualità d’uomo libero e obbligato al servizio militare. Non credo che alcuno degli scrittori più risoluti a fare de’ due popoli uno solo, sia arrivato a dire che la denominazione d’Arimanni possa significare ugualmente uomini longobardi e italiani.
- ↑ Arimannus ille quidem, si mentitus fuerit et dolose hoc egerit, si ante venerit ad Palatium, quam ad Judicis sui vadat judicium, si habuerit unde componere possit, componat solidos L. medium Regi, et medium Judici suo. Et si talis homo fuerit qui non habeat unde componere possit, accipiat disciplinam, ut emendatus fiat, et ut alii facere hoc non praesumant. Rachis, 1. 6, in fin. Qui è conservata la parte della sanzione, che manca nel codice Cavense. E sono parole che, per dirlo occasionalmente e di passaggio, paiono studiate apposta per attestare, se la cosa n’avesse bisogno, che alla composizione erano associate l’idee di penalità, di correzione e d’esempio; e che il fine di quella sanzione non era unicamente, come volle il Montesquieu, e nemmeno principalmente, di proteggere l’offensore contro la vendetta dell’offeso. Esprit des Lois, XXX, 20.
- ↑ Per chi desiderasse di fare il confronto intero, trascriveremo qui anche gli altri due testi, principiando dalla seconda parte della legge X del codice Cavense. Et hoc volumus ut nullus homo praesumat causa alterius ad dicendum supprehendere aud causare, nisi cum notitia de Judice suo, sive causa de vidua aut orphano dicenda: neque, ut diximus, de colibertos suos. (Per il significato, o per i diversi e non sempre sicuri significati di questo vocabolo, si veda il Ducange nel Glossario, e il Muratori nelle note alle leggi longobardiche. Qui potrebbe significare ugualmente o amici, o parenti, o servi).
Si quis causam supprehenderit aut causare praesumpserit componat guidrigild suum medietatem regis et medietatem judici suo. Et si judex qui fuerit antequam causa altercaretur hoc habere permiserit aut consenserit, componat guidrigild suum.
Ecco ora il principio, secondo la lezione comune, della legge VII, o la legge intera secondo un codice (citato dai Muratori ad h. l.) il quale di ciò che vien dopo, fa un’altra legge, e forse con ragione, giacchè riguarda una materia affatto distinta. Si quis causam
provinciae residet; Id. 1. 269. Judex, aut actor publicus; Liutp. V, 13. Si quis Judex, aut Sculdasius, aut Saltarius, aut Decanus, etc. Id. VI, 31. Judici, aut ad qualemcumque loci Praepositum; Id. VI, 42; et al.