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appendice al capitolo terzo 131

solamente per un’induzione del Muratori, e vediamo se da quella legge possano uscire giudici italiani sotto i Longobardi.

Chi chiedesse sul serio, una ragione per poter credere che una legge promulgata da un re di razza franca, cinquanta o più anni dopo la conquista di Carlomagno, attesti un’usanza dell’epoca anteriore, non sarebbe rispondergli sul serio l’addurre l’osservazione generale che: I Franchi che succedettero ai Longobardi non sovvertirono il regime che trovarono stabilito, ma vi aggiunsero miglioramenti. L’osservazioni generali, in materia di storia, possono esser vere, belle, importanti, quando siano ricavate dai fatti; ma non sono il mezzo buono per conoscere i fatti medesimi. Se ne può bensì ricavar delle congetture, ma dopo avere esaurite tutte le ricerche dirette e positive: condizione tanto evidentemente necessaria, che può quasi parere strano l’enunciarla espressamente. Dell’epoca longobardica prima de’ Franchi ci rimangono leggi, storie o cronache, atti pubblici e privati; in que’ documenti si dovrebbe cercare se ci sia qualche prova o qualche indizio di messi reali delegati a eleggere giudici inferiori, d’un consenso di tutto il popolo a queste elezioni. E si dovrebbe, non solo per veder se si trova ciò che si desidera, ma anche per veder se non ci sono invece indizi o prove del contrario. Fare come se tutto questo non ci fosse, voltar le spalle alla cosa che si tratta di conoscere, per guardarne un’altra che le deve somigliare più o meno, omettere ogni osservazione diretta, per decider la questione con un argomento d’analogia, può parere una strada corta, se per strada corta s’intende una dove ci sia da camminar poco, non già se s’intenda quella che faccia arrivar più presto dove si vuole.

Un’altra condizione non meno essenziale e non meno evidente è che quelle osservazioni generali siano espresse in termini d’un significato distinto e preciso, tanto più quando devono servire, non a qualificar semplicemente fatti già noti, ma a indurne de’ fatti incogniti. Qual criterio si può mai cavare da quelle parole: I Franchi non sovvertirono il regime stabilito, ma vi aggiunsero miglioramenti? Qual è il limite o la differenza, tra questi due modi o generi di fatti, per poter vedere in quale delle due categorie si possa collocare un dato fatto? Chi è che, volendo saper davvero, per quanto sia possibile, cosa abbiano i Franchi mantenuto o cambiato del regime longobardico, e non avendo (supponiamo) altra materia d’esame che le nuove leggi de’ Franchi medesimi, credesse di poter arrivare a una conclusione fondata, anzi vedesse come condurre la ricerca, con un aiuto di quella sorte? È, se mi si passa quest’espressione, una misura di pasta, che s’allenta, si spezza, s’appiccica alle mani e alla cosa che si vorrebbe misurare.

Ma tutto questo sia detto solamente per occasione, e perchè, in verità, non si poteva lasciare senza osservazione un modo di ragionare in fatto di storia, il quale se fosse adottato e applicato generalmente, ci sarebbero tante storie quanti voleri, che è quanto dire non ce ne sarebbe più nessuna. Per ciò che riguarda la nostra questione, la data della legge è affatto indifferente. Si può anzi concedere più di ciò che la Nota chiede, e supporre addirittura che quella legge sia dell’epoca longobardica prima de’ Franchi, e di quel re che uno voglia, da Alboino fino a Desiderio. Sia dunque che, fino da quell’epoca, de’ giudici fossero eletti da messi reali, o da chi altro si voglia, col consenso di tutto il popolo. Intorno al significato che si possa attribuire in questo caso alla parola consenso, noi proporremo, in fine di questa appendice, alcuno riflessioni, o alcani dubbi; ma anche questo per occasione semplicemente. Qui ammetteremo, senza fare eccezione veruna, che la legge parli d’un consenso formale; e domandererno solamente in qual maniera quelle parole: di tutto il popolo,