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120 | discorso storico |
S’osservi poi che quest’uso di lasciare ai vinti la legge romana non è particolare a’ Longobardi: una costituzione di Clotario I la conserva ai Gallo-romani viventi sotto i Franchi 1; le leggi de’ Burgundioni, quelle de’ Ripuari 2 stabiliscono i casi e le persone da giudicarsi con la legge romana: e per finirla, questo aver lasciato ai vinti, o in perpetuo, o per qualche tempo, l’uso, più o meno esteso della legge antica, si può dire che sia stata una consuetudine comune de’ conquistatori barbari del medio evo. A un fatto così generale convien dunque cercare una ragione generale; e questo ha voluto fare il celebre Montesquieu. La ragione delle diverse legislazioni in un solo paese, la trova nell’esserci state riunite più nazioni, le quali, nella riunione, abbiano voluto e potuto conservare la loro indipendenza e le loro consuetudini 3. Questa ragione spiega benissimo il perchè varie nazioni riunite a conquistare un paese, e stabilite insieme in quello dopo la conquista, conservassero le loro leggi particolari giacchè essendo quelle nazioni uguali tra di loro, o almeno volontariamente associate, non c’era motivo per cui una dovesse ricevere la legge dall’altra: ma non è una ragione che si possa applicare ai vinti. Questi non trattavano, non istipulavano, non venivano a patti: la cagione dell’esser loro stata lasciata la legge antica, bisogna dunque cercarla nella semplice volontà de’ vincitori. Intorno a questa cagione arrischieremo una congettura; e sarà pur troppo la sola conclusione di questo discorso: per ora, se alcuno vuol proprio che la fosse clemenza, si rammenti almeno che non si può farne un merito particolare ai Longobardi; convien supporre un’inclinazione, una consuetudine, uno spirito di clemenza in tutti i barbari che vennero a dividersi l’impero romano. Una tal supposizione, del resto, non sarà la più singolare che si sia fatta su quell’epoca.
Ma, per valutare, nel nostro caso particolare, il grado della clemenza longobardica, ci manca un dato essenzialissimo, cioè di saper precisamente in che consistesse il benefizio, cosa volesse dire: vivere con la legge romana. Il senso ovvio e intero di questa frase è inammissibile; bisogna dunque trovarne uno modificato, e che possa conciliarsi co’ fatti incontrastabili della dominazione longobardica: questo senso non è stato, ch’io sappia, nè proposto, nè cercato finora 4.
Viver con la legge romana aveva certamente per gl’Italiani, quando eran sotto gl’imperatori, un significato che non ha potuto conservare interamente dopo l’invasione longobardica. Quella legge stabiliva ufizi e attribuzioni, che cessarono per il fatto della conquista; regolava delle relazioni politiche, che furono distrutte da questa. È dunque necessario restringere il senso di questa frase, quando la si applica al periodo di cui parliamo. Ma fin dove restringerlo? con che dati circoscriverlo?
In secondo luogo; come si regolavano le nuove inevitabili relazioni tra i Longobardi stabiliti, come conquistatori, nel territorio, e gli antichi abitatori? relazioni, certo, non prevedute dalla legge antica.
- ↑ Inter Romanos negotia causarum romanis legibus praecipimus terminari. Chlot. Constit. generalis.; Rer. Franc., tom. IV, pag. 116.
- ↑ Lex Burgund., cap. 55, 2. - Lex Ripuar., tit. 58, 1.
- ↑ Esprit des Lois, liv. 28, c. 2.
- ↑ L’autore deve qui non tanto addurre per sua giustificazione, quanto confessare per sua vergogna, che, quando scriveva queste parole, non conosceva punto la dotta e insigne Storia del Diritto romano nel medio evo del signor De Savigny; della quale era pubblicata già da sei anni la parte relativa al regno longobardico. E in generale, tutto ciò che gli pare di poter fare per questo Capitolo, è di riprodurlo il meno corretto, come il più incorreggibile