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capitolo secondo 115

cosa è fondata? Chi ha detto al buon Muratori che questi avessero disciplinati, fatti cavalieri, mischiati nelle loro file i vinti? N’ha egli trovata la più piccola traccia nella loro storia?

Da queste ultime osservazioni, si può francamente concludere (poca cosa pur troppo) che l’opinione dell’unità politica de’ Longobardi e de’ Romani chiude ogni strada, e a conoscere, e anche a cercare quali fossero le vere relazioni tra i due popoli.

Ma quali erano queste relazioni?


    impossibile. Si può sconoscere il vero Autore dell’uomo, e quindi d’ogni diritto nell’uomo; ma riconoscerne uno falso, o de ’falsi, può bensì essere il sogno d’alcuni, non il fatto d’un popolo. È il nostro privilegio, o il nostro peso, se non vogliamo accettar come il privilegio, l’esser messi tra la verità e l’inquietudine. Le circostanze de’ diversi tempi e delle diverse società possono certamente render più facile, come più desiderabile, lo stabilimento durevole d’una o d’un’altra forma di potere; ma, ben inteso quando questa durata sia possibile. E ciò che la rende tale, è il poter associare a quella forma l’idea del diritto; e per arrivare a questo, il mezzo necessario, assolutamente parlando, è il riconoscere il principio del potere in qualcosa d’anteriore e di superiore all’uomo; per noi, il mezzo diventato unico, è il riconoscer questo principio nel Dio predicato da san Paolo. Ho detto: lo stabilimento d’una o d’un’altra forma; che è appunto uno de’ caratteri divini del cristianesimo il non esser legato esclusivamente a nessuna, e uno de’fatti divini del cristianesimo il sostituire alle teogonie particolari, che servirono di fondamento agli Stati delle genti, una teologia universale, applicabile alle più diverse forme di potere, come alle più diverse condizioni delle società umane, e, nello stesso tempo, efficacissima a corregger l’une, e a mutar gradatamente in meglio l’altre. Che se, anche nel cristianesimo, alcuni hanno tentato di restringere il diritto del potere a una forma speciale; se a una tale dottrina hanno applicato il titolo di diritto divino; se hanno voluto che Ogni potere significasse un tal potere esclusivamente, è perchè non c’è abuso di parole che gli uomini non possano fare. Ma è forse più strano l’attribuire una tale dottrina alla Chiesa cattolica, la quale, come incapace, per istituzione divina, di sacrificare l’universalità a nessuna forza particolare di circostanze, d’interessi, d’opinioni, ha costantemente ripudiata e combattuta la dottrina medesima, e con l’insegnamento e co’ fatti. Non fu, credo, nemmeno in un paese cattolico, che si diede la prima volta quel significato alle parole: diritto divino; e se si volesse cercare qual sia il libro che ha fatto di più per mettere in onore la dottrina anche in un paese cattolico, si troverebbe, credo, che non fu un trattato teologico, ma un poema epico, nel quale non è introdotta se non in odio del cattolicismo: chè certamente Voltaire non credeva all’inamissibilità del potere, messa da lui per fondamento razionale alla Henriade; ma trovò che quel falso domma poteva servirgli di spada insieme e di scudo, per combatter la Chiesa. Altri poi non sarebbero lontani dal riconoscere in Dio il principio del potere, come d’ogni cosa: solamente non vorrebbero il Dio d’una religione positiva. Ma essi medesimi non sperano molto che questa possa mai diventar la credenza d’un popolo. E hanno ragione; se non che mi pare che la causa alla quale attribuiscono la difficoltà d’una tale impresa, non sia la vera. Non è, come dicono, perchè un popolo intero non possa andar tanto avanti nella filosofia; è piuttosto perchè un popolo intero ha troppa filosofia per intendere un Dio autore dell’umanità, col quale l’umanità non abbia nessuna relazione positiva. Non è un concetto puro, elevato, al quale un popolo non arrivi; è un concetto tronco, che un popolo rifiuta. Vede bene che in questo concetto non c’è altro di nuovo che una negazione; che quello di cui gli si parla, è il Dio della rivelazione, meno la rivelazione. E se fosse altro, se fosse il mero nome che si volesse conservare, non solo smozzicando il concetto, ma cambiandolo; la riuscita sarebbe, grazie al cielo, molto più difficile, e insieme affatto inutile all’intento. Molto più difficile; perchè si tratterebbe di far accettare a de’ popoli una credenza positiva intorno alla divinità, senza autorità, senza storia, contro l’esempio di tutti i popoli; e una credenza nova a de’ popoli cristiani (foss’anche di solo nome e di sola reminiscenza, che non è, grazie ancora al cielo), contro l’esempio di tutti i popoli cristiani. Inutile all’intento poichè si tratta di trovare il principio del potere in qualcosa di distinto dall’uomo, e di superiore all’uomo; e una divinità distinta dall’uomo e superiore all’uomo, non è più possibile trovarla fuori del cristianesimo, nè immaginarla fuori del deismo, che è un cristianesimo smozzicato. Quelli poi i quali trovando, con ragione, il problema insolubile senza la religione, e non volendo accettar la soluzione religiosa, pretendono di levar di mezzo il problema medesimo; quelli, dico, i quali s’immaginano che una società possa prescindere dal diritto, per essersi immaginati di prescinderne essi (che il prescinderne davvero e coerentemente non è possibile nemmeno a un uomo solo, nemmeno a un sistema fatto apposta per un tal fine … ) Ma è ora d’accorgerci che queste, nè son cose da note, nè hanno che fare co’Romani e co’Longobardi.