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capitolo primo 103

sussistevano a’ suoi giorni, dal monte Porcariano (probabilmente l’alpi della Porzia) fino al Vico Cabrio 1. Chiavrie è situato sulla sinistra della Dora minore, verso lo sbocco di Val di Susa. Dall’altra sponda, e quasi dirimpetto a Chiavrie, è il luogo che si chiama ancora la Chiusa. Il nome di questo paese è già un forte indizio che l’antiche Chiuse fossero lì; e un tale indizio diventa quasi certezza, quando si riflette ch’erano per l’appunto allo sbocco di Val di Susa. Questo si rileva dalla Carta della divisione dell’impero de’ Franchi fatta da Carlomagno; nella quale, tra i territori assegnati al figlio Lodovico, comprende la Valle Susina, fino alle Chiuse 2. Del resto, il monaco racconta che Carlo, non potendo superar le Chiuse, occupò tutta la Val di Susa; afferma che s’acquartierò nel monastero della Novalesa, dove consumò tutte le provvisioni de’ monaci; cosa che si può credere anche a un romanziere.

In quanto al giro fatto dai Franchi, dice poco e oscuramente. Il giullare, secondo lui, abbandonati tutti i sentieri conosciuti, li condusse per il ciglio d’un monte. Un luogo di dove passarono, serbava ancora ai tempi del monaco il nome di Via de’ Franchi 3. Quest’indicazione è forse diventata inutile, giacchè quel luogo può aver perduto un tal nome. Villafranca nella Val d’Aosta è troppo lontana dal monte Cenisio e dalle Chiuse, perchè la somiglianza del nome basti a far sospettare che i Franchi siano passati da quella parte. Il luogo dove si misero in battaglia, è indicato espressamente dal monaco, e quadra benissimo con l’altre posizioni conosciute: riuscirono, dice, e si radunarono al Vico Gavense 4. Giaveno infatti è situato al di qua della Chiusa, e a poca distanza. Pare quindi che que’ Franchi siano discesi per la Val di Viù; ma tutta la strada, non si può indovinare col solo aiuto della carta: forse una visita sul luogo potrebbe condurre a una scoperta più concludente. Sarebbe da desiderarsi che alcuno di coloro che si divertono a tribolare il prossimo, e de’ quali non c’è mai stata penuria, prendesse a cuore questa scoperta; e, lasciando per essa le sue solite occupazioni, andasse sul luogo, e v’impiegasse molto tempo in una tale ricerca.


§ 6.


Della resistenza di Poto e d’Ansvaldo in Brescia.


Non n’è fatta menzione, a nostra notizia, che nella cronichetta di Ridolfo notaio, stampata nel secondo volume della storia di Brescia del Biemmi, 1749. Ma quel documento, benchè del sospetto secolo undecimo, merita attenzione, per la maniera storica e semplice con cui è scritto. E può contribuire anche ad accrescergli fiducia, il trovarci alcuni personaggi del tempo di Carlomagno, l’esistenza de’ quali è certamente storica, e che non potevano esser noti al cronista, che per memorie di scrittori di quel tempo; come il conte Arvino, e Anselmo Abate di Nonantola.


  1. Nam usque in præsentem diem murorum fundamenta apparent quemadmodum faciunt de monte Porcariano usque ad Vicum Cabrium, ibid., p. 717.
  2. Vallem Susianam usque ad Clusas. Char. Divis.; Rer. Fr., tom. V, p. 772.
  3. In quo usque in hodiernum diem Via Francorum dicitur; loc. cit., pag. 719.
  4. Devenerunt in planitiem Vici, cui nomen erat Gavensis; ibique se adunantes, struebant aciem contra Desiderium. Ibid.