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che guida i nipoti giovanetti a piangere su le ceneri de’ loro antenati — che li consola dell’esilio e della povertà decretata da’ fati, profetando che la gloria de’ Dardanidi risplenderà sempre in quelle tombe — la preghiera alle palme e a’ cipressi piantati su quel sepolcro dalle nuore di Priamo, e cresciuti per le lagrime di tante vedove — la benedizione a chi non troncherà quelle piante sotto l’ombra delle quali Omero cieco e mendico andrà un giorno vagando per penetrar negli avelli ed interrogare gli spettri de’ Re Troiani su la caduta d’ilio onde celebrar le vittorie de’ suoi concittadini — gli spettri che con pietoso furore si dolgono che la lor patria sia due volte risorta dalle prime rovine per far più splendida la vendetta de Greci, e la gloria della schiatta di Peleo alla quale era riserbato l’ultimo eccidio di Troia — Omero che mentre tramanda i fasti de vincitori, placa pietosamente col suo canto anche l’ombre infelici de’ vinti — tanti personaggi, tante passioni, tanti atteggiamenti e tutti raccolti intorno a un solo sepolcro sembrano a lei senz’anima e senza invenzione? E la fine, la fine sopra tutto sente di languore? Questo squarcio è un vaticinio di una principessa di sangue troiano, sorella d’Ettore, e sciagurata per le sventure