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«Perchè non vedesi regnar tra i viventi quella unione, quella pace, che regnano nella società de’ morti?1».
Orazio senza dare uno sguardo penoso ai vizi di coloro ch’erano vissuti, e le ceneri dei quali trovavansi necessariamente confuse con quelle degli uomini dabbene, contentavasi di dire:
Mixta senum ac juvenum densantur funera. Questa sì, è vera filosofia, e forse anche vera sensibilità2; l’affettazione d’una selvaggia misantropia, è ben lontana dall’una, e dall’altra. L’autore la spinge fino a chiamar gli uomini Umane belve3, al tempo istesso ch’ei parla
- ↑ Il senso comune risponde: I morti si stanno in pace perchè son morti, e i vivi si fanno guerra perchè son vivi. Che se il buon pastore di Biddeford fosse disceso a visitar que’ cadaveri non li avrebbe per avventura trovati in tanta concordia. Milioni di esseri riprodotti dalle reliquie umane adempiono la legge universale della natura di distruggersi per riprodursi.
- ↑ Peccato che anche qui Latourneur non segni il luogo del verso ch’ei cita appiè della pagina terza d’Hervey! che ella non avrebbe fatto bello Orazio della vera filosofia e della vera sensibilità tutta propria de’ moderni scrittori. Non pareva ad Orazio che le ceneri de’tristi e de’ buoni fossero necessariamente confuse, bensì che la morte non perdonasse, ne a‘ vecchi nè a‘ giovani: il verso è nel lib. I, oda 28, ov’ella vedrà che funus non vuol dir cinis.
- ↑ Umane belve: prima del patto sociale gli uomini vive-