E i bei sogni tranquilli,
Onde l’alme de’ sensi pellegrine
Godessero d’un bene errante e vago
Nel sonno ancor la dilettosa immago.
Tu promettevi intatte
Su le guancie di latte
Fiorir d’eterna gioventù le rose;
Nè minacciavi di solcar la fronte
Con aspre orme rugose:
Vecchiezza non spargea di neve il biondo
Lungo crine sugli omeri cadenti;
Nè gravoso abbattea degli anni il pondo
Il vigor de le membra e de la mente,
Chè de l’età diverse
La vicenda volubile e fugace
Era indistinta e sconosciuta ancora,
E nell’alma del par che nella spoglia,
Benchè terrena e frale,
Vivea l’uomo immutabile, immortale.
Ma poi che da le cupe inferme grotte
Alzò la colpa le funeste penne,
E a conturbar pervenne
De la pace il soggiorno e del piacere,
Tu, cangiando l’aspetto,
Ti ribellasti all’uomo
Dal suo fallir già domo,
E mezzo divenisti all’infelice