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Novella preda a’nostri liti addussero
Vittoriosi i zeffiri sull’ale,
E or fra’ cedri al suo talamo imminenti170
D’ospite amore, e di tesori industri
Questa gentil Sacerdotessa educa.
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Come quando più gaio Euro provoca
Sull’alba il queto Lario, e a quel susurro
Canta il nocchiero, allegrami i propinqui175
Liuti, e molle il flauto si duole
D’innamorati giovani, e di Ninfe
Sulle gondole erranti; e dalle sponde
Risponde il pastorei colla sua piva.
Per entro i calli rintronano i corni;180
Terror del cavriol, mentre in cadenza
Di Lecco il maglio, domator del bronzo,
Tuona dagli antri ardenti, stupefatto
Pende le reti il pescatore, ed ode.
Tal dell’arpa diffuso erra il concento185
Per la nostra convalle, e mentre posa
La sonatrice ancora odono i colli.
Già del piè, delle dita, e dell’errante
Estro, e degli occhi vigili alle corde
Ispirata sollecita le note190
Che fingon come . . . . . .