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Quindi in noi serpe, miseri un natìo
Delirar di battaglie; e se pietose145
Noi placano le Dee, cupo riarde
Ostentando trofeo l’ossa fraterne:
Ch’io non le veggia almen or che in Italia
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Fra le messi biancheggiano insepolte.
Però che quando nell’ascrea convalle150
Disfrenando le tartare puledre
Marte afflisse que’ fiori, e le sacrate
Ossa de’ vati profanò un superbo
Nepote d’Ottomano, allor l’Italia
Fu giardino a que’ fiori, e qui lo stuolo155
Fabbro dell’aureo mel pose sua prole
Il felice alvear. Nè le Febee
Api (benché le altre api abbian crudeli)
Fuggono i lai dell’invisibil Ninfa,
Che, ognor delusa d’amorosa speme,160
Pur geme fra le quete aure diffusa,
E il suo alber nemico ama, e richiama;
Tanta dolcezza infusero le Grazie
Per pietà della Ninfa alle sue voci
Che le lor api immemori dell’opre165
Ozïose in Italia odono l’eco
Che al par de’ carmi fe’ dolce la rima.
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