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Giovine sposo mio, padre al mio figlio
M’abbi pietà, ch’io non mi sia straniera
Vedova a errar con l’orfano bambino.
Tienti alla rocca, a noi, l’armi raduna ec.
                                   Taceva
Gemendo; e a lei rispose Ettore mesto:
     Tutto ricordi, o donna mia, ch’io penso,
E notte e dì mi tien trista la vita.
Ma il volto io temo de’ Troiani, e sento
Delle Troiane i lai, se guerreggiando
Parrà ch’io badi e che atterrito io fugga.
Nol fo, nol voglio e nol potrei; l’abborre
L’anima mia. Nacqui alle pugne, appresi
A non mai consentir ch’altri ch’io guido
Mi preceda ai perigli. E chi de’ Troi,
Chi, se non io, vendicherà la grande
Gloria del padre mio, la gloria mia?
Giorno presento e nella mente il veggo
Che perirà la sacra Ilio; che tutto
Di Priamo illustre perirà il guerriero
Popolo; e Priamo perirà. Nè tanto
De’ cittadini miei gemo a quel giorno,
Nè del re generoso, o dell’afflitta
Ecuba santa genitrice mia,
Ne de’ fratelli sì mi duol che molti
E gagliardi cadran giovani in guerra,
Quanto di te, ec. ec.