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E li percosse; e quei frementi allegri
Fra gli astri e il ciel volavano e la terra.
E quanto ciel con gli occhi intorno aduna
L’uom che mira dall’alpe immenso il mare,
Tant’aer prendeano alto sonante a lanci
Fra le nubi i cavalli; e in vista al sacro
Ilio posaro a’ confluenti fiumi.
Qui ratto il Simoi e il placido Scamandro
Giungono l’acque a far vïaggio al mare,
E qui lasciò di folta aura velati
Giuno la biga e i suoi corsieri al prato,
E ambrosia il Simoi al lor desìo versava.
Quai due tortore van strette e frettose
Così radean quelle celesti il piano
Finchè giunsero al campo ove schierati
Diretro a Diomede eran guerrieri
Densissimi; e parean stuol di leoni
Intorno a carni sanguinenti, o atroci
Porci ferini a provocar la caccia.
E Giuno del Tonante altera donna
Esclamando parea Stentore in volto
Che con lungo boato e ferrea voce
Tuonava il grido di cinquanta petti:
O belli in arme, Achei; belli e non altro, ec. ec.