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Tolse di mole enorme aspro un macigno
Tal che non due quai sono oggi i mortali
Lo reggerian. Ben ci l’alzava; ei solo
Di tanta forza a due man disserrollo
Che nell’anca onde scende all’uom la coscia
I due tendini franse, e l’osso ch’altri
Acetabolo noma, e via si trasse
La pelle e grave ripiombò sul campo.
Cadde Enea genuflesso; e a farsi al corpo
Puntel del braccio il suol premea col pugno,
E intorno gli crescea torbida l’ombra:
E se di Giove la più bella figlia,
Che nel grembo d’Anchise e fra le mandre
Innamorata il partoria sull’Ida,
Men intenta a guardarlo era da’ cieli,
Allor l’eroe periva. Ella di tutte
Le nivee braccia sue precinse il figlio,
E a larghe falde innanzi a lui diffuse
Il suo peplo raggiante, impervio a’ Greci
E agli assalti di morte; e sel reggeva
Fra il braccio e il seno a traversar la pugna.

Giunone e Pallade la scendenti al campo de’ Greci,
libro medesimo
.

     Stava agli ardenti alipedi imminente
Giuno a redini tese e ad alta sferza