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labo e di tenue pronunzia; il che cospira al sublime: in Omero si vede l’unico moto del ciglio: qui Giove fa il cenno - crolla il capos - cuote la fronte - scuote le chiome: qual maraviglia se a tanti sforzi segue tanto effetto?

                              Ei disse,
E già dechina maestosamente
Le imperiose ciglia; alto squassarsi
Le stillanti d’ambrosia auguste chiome
Sulla testa immortal; sentì l’Olimpo
Il cenno onnipossente e traballò.

La maestà, l’impero, e l’onnipotenza di Giove risultano dall’effetto; onde mi sembra che le troppe tinte al pensiero ne ritardino il moto. L’alto squassarsi ascrive troppa violenza alle chiome. che nell’originale si commovono mollemente col doppio rr e col doppio oo dell’ἐπεῤῥώσαντο. Il suono del traballò esagera forse la rappresentazione, e sente un po’ troppo l’arte. Preavvertito del sentimento dell’Olimpo, la meraviglia del suo tremito mi riesce meno improvvisa; e il verso che non si chinde con la voce Olimpo cospira a scemarla. La scelta di parole polissillabe seconda l’armonia imitativa dell’originale.