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Ἦ, καὶ κυανέῃσιν ἐπ᾿ ὀφρύσι νεῦσε Κρονίων
ἀμβρόσιαι δ᾿ ἄρα χαῖται ἐπεῤῥρώσαντο ἄνακτος
κρατὸς ἀπ᾿ ἀθανάτοιο, μέγαν δ᾿ ἐλέλιξεν ὄλυμπον.1

E, cai cyaneësin ep’ophrysi nevse Kronioon:
Ambrosiai d’ara chaitai eperroosanto anactos
Kratos ap’athanatoio, megan d’elelixen olympon.

A chi non sa di greco i minimi tuoni dell’armonia si smarriscono, perchè al labbro italiano sono ignote le modificazioni delle vocali, η, ë — υ, y — ω, oo: e delle consonanti χ, ch — θ, th. Chi legge come i greci moderni, o con la scuola Erasmiana sente un’armonia forse migliore, ma certo diversa dalla mia, ch’io attenuo il suono delle consonanti β, b — γ, g — δ, d; e spesso sciolgo i dittonghi, e li protraggo sempre. A questa varietà d’armonia accidentale s’aggiunge l’altra inerente alle voci ad al metro. Tutto il secondo verso e molle di vocali; la fine dell’ultimo ha in se un tremito rapido e violento: la dignità dell’esametro è appena adombrata nell’endecasillabo.

I vocaboli corrispondenti nelle lingue moderne languiranno sempre per l’impossibilità di trasfondere in essi le minime idee accessorie che animano i greci.

  1. Ved. vers. 657 e seg. di questa ediz.